Un intero quartiere militarizzato da quasi due mesi e l’intera città bloccata dalla polizia sabato 30 marzo: prosegue la continua campagna elettorale italiana.
Dopo gli ultimi eventi che hanno scaldato le cronache torinesi, torniamo su queste pagine per un tentativo di analisi: per due mesi, dopo lo sgombero dell’Asilo Occupato, Torino è stata teatro delle più svariate iniziative degli anarchici, dalle passeggiate ai comizi di piazza, culminate con l’occupazione della ex-scuola elementare Salvo d’Acquisto e con la tanto temuta manifestazione del 30 marzo.
Quest’ultima ha visto la partecipazione di poco più di duemila persone e il dispiegarsi di un numero di agenti e mezzi di polizia incalcolabile almeno quanto il costo pubblico di tale operazione: una gigantesca Zona Rossa , che superava l’intero centro cittadino estendendosi fino ai quartieri di Aurora, Barriera di Milano e San Salvario. Circa duemila agenti a piedi schierati, uso di blindati, elicotteri e idranti, ponti sulla Dora chiusi con camionette e grate, molte corse di tram bloccate, chiuse le fermata della Metro di Porta Nuova e gli stessi ingressi centrali della stazione, cassonetti rimossi prima dell’inizio del corteo. E così il corteo che voleva “bloccare la città” è stato battuto sul tempo dalla polizia che ha paralizzato Torino meglio di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi manifestazione, imponendo un clima da occupazione militare per isolare poco più di duemila persone.
Poco sorprendentemente la giornata non ha visto particolari disordini, il corteo circondato e scortato non ha dimostrato una particolare tendenza al martirio e ha preferito evitare un massacro annunciato. Da più di una settimana infatti i giornali preparavano il terreno dell’opinione pubblica per una possibile risposta sproporzionata da parte della polizia, dipingendo un corteo contro le politiche securitarie e la chiusura dei centri occupati con toni da terrorismo eversivo. Non è una novità infatti come i media cannibalizzino le proteste di piazza, stigmatizzando qualsiasi comportamento ritenuto “violento” (giudizio che oggi viene applicato senza misura anche a cartelli, scritte, slogan e uova di vernice) ma liquidando in poche righe, nelle pagine interne, qualsiasi manifestazione pacifica. Rendendo così di fatto la protesta violenta l’unico modo per attirare l’attenzione su di un tema.
È proprio dalle pagine dei giornali che il questore Messina si vanta di aver isolato i violenti per aver fermato uno dei cinque raggruppamenti iniziali che avrebbe dovuto raggiungere il corteo, riproponendo la retorica di manifestanti buoni e cattivi che lascia sempre un po’ il tempo che trova.
Al di là del fatto che mobilitare un esercito per bloccare un corteo tutto sommato esiguo si possa considerare o meno un vanto, tutta questa operazione fa segnare agli anarchici due importanti vittorie morali: la prima è che la città è stata tutto sommato bloccata da duemila persone, la seconda è che, quando lo Stato risponde con una spropositata dimostrazione di forza muscolare, allo stesso tempo dimostra tutta la sua debolezza. La vera miccia che non deve essere accesa è quella della rivolta di piazza, una minaccia che da quando son sulla scena i nostri vicini d’oltralpe gilet gialli diventa sempre più concreta. Del resto non è nuovo a dimostrazioni eccessive di forza il questore di Torino, tra le cui grandi imprese ricordiamo quelle recenti contro gli studenti che protestavano per il Burger King a fianco di Palazzo Nuovo e le botte ai manifestanti in bicicletta della Critical Mass, appena una settimana fa. Evidentemente anche in quelle occasioni era “necessario neutralizzare pericolosi sovversivi”.
Curioso poi come il termine “sovversivo” venga usato oggi in modo arbitrario, e mentre a Torino si chiede la repressione contro gli anarchici dopo lo sgombero dell’Asilo, nella Roma (a cinque stelle come Torino) Casapound continua ad occupare da quindici anni senza un tentativo di sgombero il palazzo di via Napoleone come sede del partito (nella quale peraltro hanno la residenza i vertici dell’organizzazione ed i loro parenti). Si parla di un “partito” i cui militanti finiscono ogni mese sulle pagine dei giornali per aggressioni a stranieri ed avversari politici, la cui sede di Bari è stata chiusa dopo un’aggressione squadrista a un gruppo di manifestanti tra cui un’europarlamentare, mentre la sede di Torino sottoposta a perquisizione ha rivelato un armamentario ben più fornito di quello anarchico di questi giorni, ma non è stata chiusa e continua indisturbata le sue iniziative. Un partito che tra i suoi attivisti può contare Gianluca Casseri, autore della strage di Firenze del 2011, dove uccise due persone e ne ferì una terza per motivi razziali. Un partito che in questi giorni torna agli onori della cronaca per essere tra i fomentatori della protesta non tanto pacifica di Torre Maura, sulla quale tuttavia la politica sembra usare ben altri toni.
La vera domanda da farsi è come mai organizzazioni come Casapound e Forza Nuova, anche quest’ultima con una lunga storia d’amore col terrorismo nero e che al tempo si offrì di pagare le spese legali al tentato stragista Luca Traini, continuino ad essere considerate soggetti da inserire nel dibattito democratico mentre per gli anarchici torinesi si invochi “un po’ di scuola Diaz” e si militarizzi per mesi un quartiere.
Da troppi anni ormai l’opzione repressiva e poliziesca sembra essere l’unica soluzione che la politica, indifferentemente dal partito di rappresentanza, propone per qualsiasi problema. Non ultimo Fratelli d’Italia, che chiede a gran voce lo sgombero immediato della nuova occupazione in nome della retorica anti-degrado, ritenendo evidentemente sia più decoroso che stabili enormi vengano lasciati in stato di abbandono.
Ma l’uso della forza da parte dello Stato che ne detiene il monopolio è sempre un’ammissione di resa di fronte ad un problema sociale, una risoluzione inefficace e mai di lunga durata, il cui effetto è di far aumentare la tensione nel tempo, ma sempre buona per fare campagna elettorale.
Torino vive da mesi uno stato di tensione sociale che non sembra destinato a finire e che se la repressione continuerà in questi termini rischia di diventare sempre più intenso: le ultime notizie parlano di un altro “pacco bomba” dimostrativo, si ritiene di pista anarchica, recapitato alla sindaca Appendino, e delle dichiarazioni del nuovo questore di Torino, De Matteis che sostituirà Messina, il quale già parla di similitudini tra gli anarchici e i mafiosi di cui finora si è occupato, di Torino laboratorio di strategie sovversive, di clima da anni ’70… Lo stato di tensione di Torino sembra destinato quindi a rimanere permanente, e la fine di questo conflitto sociale sembra ogni giorno un po’ più distante.
lz
Foto di Torino di Miriam Caldera