Venerdì 9, nella sede di Viviamo Ivrea, il comitato “AMIunaCittà” ha illustrato la proposta di fusione dei comuni dell’Eporediese per realizzarne un unico decentrato di almeno 50.000 abitanti
Che questo territorio sia da tempo avviluppato in un “campanilismo” politico e sociale che lo contraddistingue per essere uno dei più frammentati del Piemonte, è cosa ben nota; basti pensare che l’attuale Zona Omogenea Eporediese (Z.O.E., una delle zone con cui si ridisegna il quadro istituzionale e geografico della Città Metropolitana di Torino) conta 58 comuni per una popolazione che fatica a raggiungere le centomila unità: una media di circa 1.700 abitanti per comune.
Eppure, una strada per superare questa condizione esiste ed è quella che è stata illustrata venerdì 9 marzo nelle sede di Viviamo Ivrea.
La proposta è teoricamente “semplice” (a livello progettuale) ed è sostenuta dal comitato “AMIuna Città”: tramite una fusione di comuni ambire alla creazione di una città diffusa di almeno 50.000 abitanti.
La premessa demografica
Per quale ragione i comuni dovrebbero preferire questa strada? Le premesse sono molteplici, ma durante la serata Liliane Barda, referente del comitato, ha illustrato le principali: «Dal 2002 al 2017 nella Zona Omogenea Eporediese si è perso il 34,1% di popolazione giovanile tra i 25 e i 34 anni». In altre parole: un giovane su tre ha deciso, da prima della crisi ad oggi, di andare ad abitare altrove. Come se non bastasse, l’indice di vecchiaia territoriale (ovvero un valore calcolato sulla base degli over 65enni e dei minori di 14 anni) è oggi equivalente a 248: la media Piemontese è 198, in Italia 165, in Germania 151 e in Francia 95. Questi ultimi due valori fanno riferimento al 2015, ma è più che evidente quanto il territorio della Z.O.E. sia sempre più anziano e sempre meno abitato da giovani, con conseguenze significative per il tessuto sociale ed economico di tutto il territorio che non sembra attualmente in grado di arrestare significativamente il declino.
La prima tappa: l’Unione Eporediese apripista del progetto
L’idea generale è quella di dar vita ad un nuovo comune attraverso un procedimento di fusione da sviluppare a tappe. Il primo momento dovrebbe essere quello di portare l’attuale Unione Eporediese (al momento apparentemente ferma) a un livello superiore, procedendo direttamente con una fusione. Scopo di questo primo momento vuol essere quello di dar vita a una prima “massa critica” sufficiente a stimolare altre unioni o fusioni territoriali, a partire da Strambino (che avrebbe già manifestato interesse, ma attende che Ivrea muova per prima). L’attuale Unione Eporediese conta circa 32.700 abitanti e la Comunità Collinare Piccolo Anfiteatro Morenico 12.500: unire queste due realtà vorrebbe dire aver quasi raggiunto la fatidica cifra dei 50.000 abitanti, necessaria, a detta dei promotori, per ottenere l’accesso diretto a bandi europei senza dover passare dalla Regione o dalla Città Metropolitana.
La filosofia della città diffusa: sprigionare nuove energie, non semplicemente ottimizzare
Si è abituati a pensare che unire equivalga a risparmiare, ottimizzare, tagliare gli sprechi. I promotori del Comitato ritengono che la fusione da loro proposta miri a un obiettivo più importante (e più ambizioso): non si tratterebbe solo di ottimizzare i costi dei servizi, ma mettere assieme il più possibile energie per creare una massa critica sufficiente per tornare a maturare visioni e progettualità territoriali di ampio respiro e che “non guardino solo al proprio giardino”.
A un “Comune Centrale” verrebbero affiancati, in un’ottica di decentramento organizzativo, i vari “Municipi”, presieduti da “Prosindaci” e da un “Consiglio di Municipio”: tutti eletti dai cittadini.
Come se non bastasse, tra i vari punti favorevoli della proposta, in base alla nuova Legge di Stabilità 2018 i comuni derivanti dalla fusione dovrebbero beneficiare, nell’arco di 10 anni, di circa 30 milioni di euro.
La proposta ha numerosi elementi di vantaggio e una dose non indifferente di ambizione. Nelle attuali condizioni non c’è dubbio che l’Eporediese, pur con tutte le sue eccellenze manifatturiere, sociali, culturali e storiche, sia destinato ad un futuro prossimo di provincializzazione. La politica dei “campanili” produce risultati che sono sotto gli occhi di tutti: citando alcuni esempi, cinque comuni non sono riusciti a mettersi d’accordo sul progetto del Parco dei 5 Laghi; altri cinque comuni hanno per le mani un’Unione Eporediese avviata nel 2011 con non si sa bene quali risultati; il protocollo d’intesa con R.F.I. e con diversi comuni (tra cui Borgofranco) sull’abolizione dei passaggi a livello rischia di mortificare ulteriormente un territorio già ampiamente compromesso (si pensi alla zona ex-Alcan), il tutto per una mancanza di visione unitaria del territorio nel suo insieme. Anche sul tema del consumo di suolo la politica comunale non è sufficiente.
Per queste ragioni la proposta del comitato AMIunaCittà meriterebbe di essere presa in seria considerazione.
In conclusione, ricordiamo che il prossimo appuntamento di Viviamo Ivrea si terrà lunedì 19 marzo, nella loro sede in via Arduino 126, alle ore 21.00 e verterà su “Commercio di prossimità: si può invertire la rotta?”.
Andrea Bertolino