Una riflessione personale su fascismo, antifascismo e ruolo dell’ANPI e di come la società civile e le istituzioni appaiano indifferenti a queste tematiche
Periodicamente ritornano le lamentele sulla presenza di gruppi organizzati “di destra” presenti su facebook e nella vita cittadina, con puntate dimostrative e striscioni a difesa (dicono) dell’ambiente o del lavoro, ma che a noi sembrano più che altro modi per farsi facile pubblicità puntando alla “pancia” della gente. Da parte nostra nessuna arroganza; piuttosto, la facile constatazione che, quando certi ambienti politici lavorano per creare un clima di insicurezza e paura, è poi facile proporre soluzioni basate su ronde, chiusure delle frontiere, razzismo, sovranismo…
Ugualmente piovono le lamentele sulla presenza in città di forze politiche che partecipano ormai alle elezioni a livello nazionale e locale, essendo state da tempo “sdoganate” da certa informazione.
Come ho avuto occasione di dire altre volte, noi viviamo in tempo di democrazia, e sarà utile citare la celebre frase (erroneamente attribuita a Voltaire): «Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo». Questo per giustificare un non intervento nei confronti di costoro? Niente affatto, e non sarà male ricordare che proprio il sottoscritto ha presentato lo scorso anno un esposto/denuncia contro un gruppo eporediese. Ogni Cittadino, se lo ritiene, faccia altrettanto, avendo ben presente la Legge:
E’ utile fare un po’ di chiarezza: la Costituzione vieta nella XII disposizione transitoria e finale la riorganizzazione del partito fascista. Tale norma ha carattere permanente e valore giuridico pari a quello delle altre norme della Costituzione, anche se alcuni le attribuiscono valore puramente formale. Il secondo comma, contenente limitazioni temporanee all’elettorato attivo e passivo per i gerarchi fascisti, ha invece carattere transitorio. Infatti, se «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, in deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.»
La legge 20 giugno 1952, n. 645 (cosiddetta legge Scelba) in materia di apologia del fascismo, sanziona «chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, e chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». Per la storia (e per la comprensione di tali fenomeni, ricordiamo che l’ultima battaglia giuridica in tal senso risale però al 28 giugno del 1972, quando la procura della Repubblica di Milano chiese alla Camera l’autorizzazione a procedere nei confronti di Giorgio Almirante, per il reato di ricostituzione del disciolto partito fascista. L’anno successivo l’inchiesta fu successivamente trasferita a Roma dove venne posta la pietra tombale sulla faccenda: essa infatti non fu mai portata a termine.
Abbiamo una serie di norme disattese da quasi cinquant’anni, e bene faceva il Presidente nazionale Anpi Carlo Smuraglia a sollecitare una loro maggior conoscenza da parte della Magistratura. Nel contempo, la Costituzione sancisce anche la libertà di pensiero di tutti i Cittadini (anche di quelli le cui idee ci ributtano). Su questo crinale si gioca una partita assai ambivalente perché questi giovanottoni tatuati non si richiamano mai, esplicitamente, al partito fascista del ventennio, ma si definiscono piuttosto “rivoluzionari sociali”, a tal punto che uno di questi partiti, ora in Parlamento, usa citare in tribunale chi osa accusarli di fascismo! Paradossale ma vero!
Da queste situazioni l’’Anpi non può essere esclusa e spesso viene tirata in ballo per chiedere un suo intervento. Intervento che, però, non può non tener conto del clima generale. Ripetiamo, i fenomeni dell’avanzata delle destre xenofobe e razziste hanno tante cause. Prima abbiamo citato il bisogno di sicurezza artificiosamente indotto, ora aggiungeremo l’aumento del divario fra povertà (sempre più diffusa) e ricchezza, la mancanza del lavoro e di una prospettiva di vita futura, la conseguente “guerra fra poveri…”
Ciò detto, continueremo a batterci contro il fascismo, ma la battaglia va portata sul piano della conoscenza, della cultura, della diffusione della Memoria storica, della difesa della Costituzione, di una progettualità che veda coinvolte in modo unitario tutte le forze sane del territorio e non solo di presìdi e proteste che finiscono solo per dare più visibilità all’avversario. Andranno anche evitate le azioni violente antifasciste che non sono altro che il rovescio della medaglia e uno sfogo “di pancia” senza risultati. Le idealità è giusto gridarle, ma le battaglie vanno vinte, non possono essere solo sfoghi.
Il quadro politico generale è sconfortante, ma non dobbiamo arrenderci. L’Anpi sta portando avanti una proposta di adesione contro il fascismo e contro il razzismo, sottoscritta da molte Associazioni, Partiti, Sindacati.
I Comuni sono stati chiamati a deliberare norme contro chi si riferisce al fascismo, eppure… quanti Comuni l’hanno fatto? Nel Canavese noi li abbiamo sollecitati tutti, e solo tre per ora hanno aderito a quanto ci è dato sapere (Ivrea, Nomaglio, Strambinello). La campagna di raccolta firme non è stata entusiasmante, tranne casi sporadici. Nella realtà la maggior parte delle Associazioni aderenti non ha mostrato grande entusiasmo. Quante firme hanno raccolto? Quanti banchetti hanno organizzato? Manca la consapevolezza che una avanzata e una vittoria delle destre (e dei fascismi) ridurrebbe a zero la vita e la sopravvivenza di tante Associazioni. La democrazia è la linfa vitale di una società, assieme a giustizia, libertà, solidarietà e pace.
Parliamo di Ivrea, e quindi anche delle prossime elezioni amministrative. L’Anpi, pur senza entrare nel merito, aveva chiesto più volte, e in ultimo con un comunicato, che «ogni lista inserisse una premessa che, nel pieno rispetto della propria individualità e dei propri programmi, sancisse prioritariamente che ogni candidato si dichiarava antifascista e faceva propri i valori che dalla lotta di Liberazione erano stati espressi nella Costituzione». Voi avete letto i programmi? Il sottoscritto sì, ed invita a cercare in essi deboli accenni alla Costituzione e alla Resistenza. Ne troverà pochissimi, ed in ordine sparso; sembrano non essere una priorità.
Non si demandi allora alla sola Anpi una battaglia di antifascismo. L’Anpi può alzare la voce della moralità contro la barbarie, indicare i riferimenti valoriali, rappresentare un modello di memoria da adottare ancor oggi, ma non può essere lasciata sola. Non si può chiedere all’Anpi di intervenire quando il panorama sociale attorno si tira indietro, quando ciascuno rivendica a sé l’esclusiva dell’azione, ma è freddo nell’aderirvi assieme a noi. Su questi temi scontiamo persino un calo di adesioni, forse per pigrizia, timidezza, distinguo, desiderio di affermare la propria “bandiera” associativa?
Disgregati, ripeteremo sotto altre forme quanto successe negli anni Venti del secolo scorso, quando le dispute ideologiche, i distinguo, le prime scissioni lasciarono campo libero alla dittatura (allora rozzamente fascista, oggi del liberismo e della finanza).
Mario Beiletti