Tante manifestazioni partecipate e qualche polemica per la Festa della Liberazione
Il 25 aprile, Festa della liberazione, non è ancora una festa imbalsamata o uno stanco rituale istituzionale, e lo si può vedere dalle tante manifestazioni che si accavallano nei giorni precedenti e dalle polemiche accese che suscita.
Alle sfilate e discorsi ufficiali da anni si affiancano, e alcuni sorgono ex novo, nuove forme di festa e ricordo. Ad Ivrea la celebrazione della Festa è iniziata il 20 aprile con fiaccolata, corteo e discorso ufficiale del Sindaco dopo che nel pomeriggio i ragazzi delle scuole avevano partecipato a un evento organizzato ai giardini pubblici dal Treno della memoria. Il 25, dopo la manifestazione del mattino a Lace, nel pomeriggio IvreAttiva ha radunato nei giardini pubblici giovani e giovanissimi con concerti e interventi di associazioni locali, un gruppo di volontari coordinati dall’Anpi ha riaperto al pubblico il rifugio antiaereo vicino alla fontana di Camillo, con lunghe code di pubblico in attesa di entrare, e conclusione della giornata in un gremito Teatro Giacosa con lo spettacolo Oltre il ponte, della Compagnia Plastico 808.
Nelle giornate precedenti, e in quelle che devono ancora venire, era iniziata una rassegna di film legata alla Resistenza, inaugurata una mostra in Comune a Ivrea, un ciclo di incontri e conferenze che si concluderanno l’8 giugno sul tema antifascismo ieri e oggi curati da Anpi e Comunità creativa e diverse altre manifestazioni organizzate nei Comuni del territorio, tra cui molto attivo quello di Banchette.
Il fulcro, da molti anni a questa parte, è comunque la manifestazione unitaria di Lace, organizzata congiuntamente dalle sezioni Anpi di Ivrea e Basso Canavese e Valle Elvo e Serra come al solito molto partecipata e che nella realizzazione si è lasciata alle spalle le molte polemiche per la scelta degli oratori, non condivisa da tutti. In particolare il nome di Cremaschi aveva suscitato diversi malumori, legati anche al ricordo della sua polemica fuoriuscita dalla CGIL, ma il suo discorso, dopo quello delle Sindache di Banchette e Colleretto, è stato appassionato, apprezzato e non divisivo.
Le divisioni le ha trovate, giustamente, nella destra, come mostra la lettera redatta dalla neosenatrice Virginia Tiraboschi, presente a Lace, che fa intendere che bisognerà lottare per mantenerlo vivo, il 25 aprile.
La lettera«In occasione della Festa della Liberazione, desidero evidenziare il mio dispiacere a dover constatare che, a distanza di 73 anni, il 25 Aprile è una celebrazione che, da un lato, non ha ancora ricomposto il dissidio irrisolto tra fascismo e antifascismo e che, dall’altro, vi è una divisione tra una memoria rossa nostalgica e politicizzata e una memoria più recente impolitica e rassegnata o educata dalla rete, che non conosce i valori di questa festa.
A questo dispiacere ne aggiungo un altro: ascoltare alcuni rappresentanti dei sindacati, carichi di livore verso gli imprenditori, e a cui non riesco ad abituarmi. Così come mi dispiaccio di dover constatare la maleducazione di alcuni rappresentanti delle istituzioni che si dimenticano di formulare un invito, anche solo via mail, a un rappresentante dello Stato sul territorio, solo perché non appartenente allo schieramento politico che tutti gli anni danza lo stesso minuetto, che ha ormai stancato.
Della Resistenza si è data una lettura ideologica, dimenticando che non fu fatta nel 1945 dai partiti, ma dal popolo. Fu fatta dagli uomini e dalle donne che con coraggio, sacrificio e senso di responsabilità volevano riconquistare la libertà, l’unità, la nazione. C’erano partigiani comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, liberali, monarchici, civili, ebrei, carabinieri, militari, sacerdoti, suore che, uniti, dissero no ai tedeschi e ai fascisti. Da socialista della prima repubblica e da forzista dell’attuale legislatura, da un lato, vorrei che tutta la politica si unisse per festeggiare la nostra Italia, imparando dapprima l’inno nazionale (del quale in molti, oggi, a Donato non sapevano le parole e il loro significato) e, dall’altro, ridesse, soprattutto ai giovani (rassegnati, indifferenti e distratti) quei sentimenti di coraggio, speranza e fiducia che avevano animato uomini e donne nel 1945 per liberare la nostra Patria, credendo in un futuro di sviluppo, crescita economica, riscatto sociale, libertà, sicurezza e maggiore giustizia.
Sarà mio compito lavorare a questa manifestazione per il 74° anniversario nel 2019, quando a Donato vorrei portare i valori che animarono gli uomini e le donne nel 1945, guardando però al futuro e provando a interpretare le difficoltà di una crisi gravissima, che con la sua incertezza sta colpendo le giovani generazioni, incuranti dei nostalgici livori tra capitale e lavoro e più attente a voler avere delle risposte per il loro imminente futuro.
La risposta
di Mario Beiletti, Presidente Anpi Ivrea e Basso Canavese
Che dire? Non amando le frasi fatte e stereotipate non parlerò di “strumentalizzazioni” di alcun tipo. Né voglio addebitare un tale tono di rimprovero a qualche manovra di cui non so e non voglio sapere nulla. Mi limiterò a replicare che:
– sono tanti anni ormai che la nostra narrazione della Resistenza racconta proprio di una lotta di popolo, cui parteciparono tutte le componenti politiche ed ideologiche che trovarono un punto di sintesi nella Costituzione. Non ci serve una lezione di Storia.
– non usiamo inviare inviti privilegiati alle Autorità. Per noi i Cittadini sono tutti uguali; li invitiamo su locandine e manifesti. Ci riusciamo benissimo, vista la partecipazione a Lace, comprese le Autorità stesse
– sono il Presidente di una delle due Sezioni che organizzano il 25 Aprile a Lace. Per una mia (non so se deplorevole) abitudine, non vado a cercare mani da stringere. Preferisco stare accanto ai compagni Partigiani. Il prossimo anno, se la Senatrice vorrà tornare, si faccia riconoscere. Avrò un saluto ed un sorriso anche per lei, in quanto Cittadina fra i Cittadini.
Alla Senatrice una domanda: cosa vuol dire che “il 25 aprile non ha ancora ricomposto il dissidio irrisolto tra fascismo e antifascismo”?
In realtà ci sono dissidi che non si possono risolvere. Ci sono valori antitetici.
Francesco Curzio