Riceviamo e pubblichiamo un appello diretto ai giovani sul voto sottoscritto dai ragazzi di ACMOS Ivrea
Scegliere è probabilmente l’operazione più difficile che ci possiamo trovare a dover compiere.
Lo è nei mille momenti della vita quotidiana: quando scegliamo a quale scuola iscriverci, che Università frequentare; quando proviamo ad immaginarci un futuro, un lavoro che ci permetta di soddisfare le nostre esigenze e desideri; quando cerchiamo, nei volti e nelle storie che incrociamo, la persona con la quale immaginare di condividere un bel pezzo del cammino.
Sono le scelte che compiamo a definire chi siamo, a dipingere il quadro della nostra esistenza.
Quelle personali, e quelle collettive, che sono spesso le più complicate, perché difficilmente sanno darci un riscontro immediato della loro efficacia. Assumere una scelta personale, inserita nel quadro di una scelta collettiva, significa abituarci a dilatare nel tempo la possibilità di verificarla. Significa aggiungere complessità su complessità, confrontare la mia volontà con quella di qualcun altro, caricandoci le spalle del peso della responsabilità di decisioni che varranno non solo per noi, ma anche per le persone che abbiamo al nostro fianco.
Viviamo tempi dove questa volontà di responsabilità condivisa non va più di moda: riempie le bocche di belle parole, ma nelle città il messaggio dominante è un altro: sentiamo parlare di paura; sentiamo parlare di rabbia; sentiamo parlare di odio; e assistiamo quotidianamente alle diverse forme che questi sentimenti possono assumere.
Dalla ferocia dell’apparente innocenza di un post su Fb, alla mano armata di un terrorista disposto a commettere, a Macerata, una strage di innocenti.
Ci stiamo abituando a questa strisciante forma di violenza e ferocia, iniziamo a non sentirne più l’odore, a non riconoscerne i sintomi e, compiendo alcune scelte, rischiamo di rendercene complici. Decidendo di astenerci dal gioco, per esempio; delegando ad altri, non importa chi essi siano, il compito di organizzare il campo dove si assumono le decisioni che ci riguardano tutti.
I sondaggi, numeri freddi ma inequivocabili, parlano chiaro; il 4 di marzo, 7 giovani su 10 affermano che non andranno a votare, perché schifati, delusi, arrabbiati e scontenti. Tutti sentimenti comprensibili, tutte questioni da discutere, ma che rischiano di sancire definitivamente la rottura tra chi rappresenta e chi viene rappresentato. Votare non significa delegare in bianco, perché le risposte ai problemi dai quali nasce la rabbia e lo scontento vanno pretese e trovate.
Ma se ci asterremo dal compiere il dovere di scelta che ci spetta, semplicemente cederemo il passo. Dimostreremo che tutto sommato, chi dice che i giovani non hanno a cuore il destino della cosa pubblica ha ragione; dimostreremo di non avere capacità di pensiero, volontà di solidarietà, voglia di fare, e perderemo a tavolino la partita.
Per questo da giovani piemontesi, invitiamo i nostri coetanei a recarsi alle urne il 4 di marzo ed esprimere il proprio pensiero attraverso una scelta, per contribuire a costruire un’Italia e un’Europa diverse. Dove tutti possano trovare spazio, dove il conflitto si possa risolvere in maniera non violenta, dove i sogni si possano organizzare. Dove tutti possano sentirsi parte di una storia, che contribuiremo a scrivere.
Qualcuno ci dice “che ci va coraggio”: si, ci vuole coraggio!
E il coraggio servirà anche dal 5 marzo in avanti, quando le urne saranno chiuse dovremo continuare a fare la nostra parte. Perché il voto non è altro che un momento della vita democratica, poi i rappresentanti vanno pungolati e le soluzioni vanno pretese, ma anche proposte. Insieme.
I giovani di ACMOS (Torino), SER.MAIS (Novara) e 21MARZO (Verbania)
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