In attesa della nuova perizia sulle diagnosi disposta dal giudice, il 16 maggio udienza sull’organigramma nell’azienda, e il 23 arrivano Colaninno e Passera
Tutte incentrate sulle valutazioni dei consulenti tecnici le ultime udienze del processo per l’amianto in Olivetti. Con i consulenti delle difese impegnati a enfatizzare da un lato la possibilità che l’esposizione all’amianto delle vittime si sia verificata fuori dall’Olivetti (in precedenti luoghi di lavoro o negli ambienti di vita o in attività private domestiche), dall’altro a evidenziare studi recenti che esprimerebbero riserve sulla relazione tra dose di fibre di asbesto e rischio di contrarre il mesotelioma pleurico.
Altra questione, sulla quale la giudice Elena Stoppini ha richiesto una perizia affidata a due anatomopatologi (Donata Bellis, consulente della procura, e Massimo Roncalli, consulente del responsabile civile Telecom, che stanno effettuando nuove analisi sulle diagnosi e sul materiale biologico), è la certezza, messa in discussione da alcuni consulenti, che il mesotelioma e i tumori polmonari siano stati la causa del decesso di tutte le 12 vittime decedute (altre due vittime sono in lotta con la malattia) oggetto di questo processo. «La decisione di far esaminare i vetrini è un accertamento che completa il quadro probatorio dell’indagine», ha dichiarato in proposito Giuseppe Ferrando, capo della Procura della Repubblica di Ivrea.
E’ utile ricordare che il processo in corso riguarda solo 14 vittime, ma l’indagine dello Spresal (il servizio dell’ASL che monitora la salute sui luoghi di lavoro) parla di 85 vittime, tra lavoratori deceduti o ammalati, negli anni tra il 2000 e il 2015, mentre, per la particolare lunga latenza della malattia, il picco è previsto tra il 2017 e il 2020. E la stessa indagine segnala il fatto che in diversi edifici ex Olivetti l’amianto non è ancora stato eliminato. Fascicoli “Olivetti bis” e “Olivetti ter” sarebbero perciò aperti presso la Procura di Ivrea in attesa della chiusura delle indagini e dell’individuazione degli indagati. Altro terreno di confronto nel processo in corso, sarà quello che si aprirà nell’udienza di lunedì prossimo (16 maggio) tra consulenti tecnici sugli organigrammi dell’Olivetti, cioè sulle responsabilità e i ruoli nell’azienda degli amministratori e dei dirigenti imputati (complessivamente 18), tra i quali i nomi eccellenti di Carlo e Franco De Benedetti, Roberto Colaninno e Corrado Passera. Su questo terreno era parso evidente, nella prima fase del processo nella quale sono stati ascoltati diversi testimoni, l’obbiettivo delle difese degli imputati ex amministratori delegati o consiglieri di amministrazione di sollevare questi da qualsiasi responsabilità, lasciando alle difese degli ex dirigenti il compito di dimostrare l’estraneità di ciascuno alle accuse di aver non valutato o sottovalutato la presenza di amianto nelle lavorazioni e negli edifici. Sarà poi il lunedì successivo, 23 maggio, l’udienza che si prospetta più mediaticamente attesa perché dedicata all’esame o alle dichiarazioni spontanee degli imputati. E, salvo ripensamenti dell’ultima ora, come annunciato dai rispettivi legali dovrebbero intervenire dal banco degli imputati Roberto Colaninno e Corrado Passera. Chissà se, per l’occasione, l’auditorium sede del processo sarà riempito da cittadini eporediesi, oltre che da giornalisti e TV?
A lasciar fare le difese degli imputati nel processo per l’amianto in Olivetti, si arriverebbe forse alla messa in dubbio del fatto che qualcuno si sia ammalato e morto in questi anni per mesotelioma pleurico o cancro ai polmoni. Sarebbe una bella notizia, ma purtroppo si sa quanto sia incredibile. Più modestamente l’operazione delle difese è, ancorché legittima, abbastanza prevedibile e chiara: insinuare il dubbio che le fibre di asbesto siano state respirate in Olivetti e che, comunque, non vi sia certezza che sia stata questa la causa della malattia e della morte di tante persone. Poi, se tale dubbio sarà fugato (almeno nella gran parte dei casi oggetto di questo processo) dalla ulteriore perizia disposta dalla giudice, ovviamente ciascuna difesa si cimenterà nel dimostrare l’assoluta assenza di responsabilità dei propri assistiti. Sarebbe però veramente clamoroso che, come per altri versi e dimensioni è successo a Casale Monferrato, a Ivrea non venisse resa giustizia alle lavoratrici e lavoratori vittime dell’amianto. Un epilogo simile, farebbe certamente meno onore alla stessa storia della Olivetti. Storia che resterebbe ancora più macchiata di quanto lo sia stata dal processo e, ancor di più, dall’iniziale “timidezza” di istituzioni e cittadinanza locale nel prendere atto della realtà pur di non guardare oltre il mito.
Francesco Zaccagnini | 11/05/2016