Venerdì 3 giugno, cortile del Museo Garda
Nel rispetto del format stabilito, davanti al pubblico delle occasioni impedibili, sotto la minaccia appena scongiurata dei piovaschi intermittenti, due delle donne di spicco dell’italico panorama culturale si sono adoperate comunicandoci i quattro libri a testa che, a partire dalla loro infanzia, hanno caratterizzato significativamente la loro vita.
Dopo la dovuta premessa per cui non esistono i migliori libri come non esistono i migliori amici, la scrittrice di origini spagnole Concita De Gregorio, lenti fumèe a mascherare lo sguardo, abito in nero, che è il non colore della perfetta presentabilità e voce fascinosa, segnala “Pippi calzelunghe” come il primo dei suoi libri del cuore, un libro che viene dalla Svezia e che dimostra il perché lassù sia di casa il comportamento civile mentre qui da noi, educati con “Pinocchio”, lo stesso latiti a tutt’oggi.
La Murgia sottoscrive ogni virgola detta da Concita e, in parallelo, segnala “I ragazzi della via Pal”, il suo immedesimarsi assoluto con il protagonista “Nemecek”, il ragazzo dal nome impronunciabile. “Quando Nemecek muore, ho pianto come se fosse morta davvero una persona” ci racconta la Murgia. Le due scrittrici quasi gareggiano nell’esporre, con scioltezza dialettica, un repertorio di cose intelligenti. Finisce sotto la lente la parola “pregiudizio” ben ingrandita per la nostra attenzione. La parola “pregiudizio” è una parola bella e da curare, dice Concita, come per fornire un assist all’autrice del secondo libro da lei molto amato. Si tratta di Oriana Fallaci e del suo “Gli antipatici” in cui la Fallaci intervista personaggi di gran calibro come Porfirio Rubirosa. “La Fallaci- continua Concita- sa trasformare la realtà in letteratura. Lei mi ha insegnato che non esiste l’oggettività ma soltanto il personale punto di vista. Oriana è una che si prende la libertà di esprimere tutto il suo punto di vista, il punto di vista soggettivo cioè quello che lei vede. E per coltivare il punto di vista e renderlo il più accuratamente soggettivo ecco che l’intervistatrice quasi sparisce e diventa l’intervistato.”
Per Michela Murgia il secondo libro è “Piccole donne”, un testo in base al quale ha preso la decisione di studiare. Terzo libro per la De Gregorio: “Sopra eroi e tombe” di Ernesto Sabàto, un autore che è un grande visionario. “Da lui ho imparato a conoscere l’ombra, a capire che non esiste nulla senza il suo contrario, ho imparato che cos’è la contaminazione. Sabàto è uno scrittore che sa vedere nel buio. Tutti noi siamo dei pozzi e lui sa portarti dentro il tuo pozzo, per assonanza o opposizione”. Queste considerazioni in qualche modo lasciano spazio a una piccola digressione sulla violenza che gli uomini esercitano sulle donne. “Non posso più sentire che le donne devono difendersi dagli uominidice Concita con leggera concitazione- Sono gli uomini che debbono smettere di essere violenti” A questo punto, come un fragore di colpi, si alza una corale battimano che, perdendosi nel cielo, lascia spazio alla considerazione finale della scrittrice. “Gli uomini sono senza psiche”.
Terzo libro per la Murgia: “L’Allievo” di Stephen King, una storia di un ragazzino e un criminale razzista dove il ruolo del carnefice tedesco finisce per impallidire di fronte alla morbosità malvagia del giovane. Una storia che dimostra quanto i bambini non siano innocenti e quanto il male sia contagioso. “La letteratura è esattamente questo, la libertà di raccontare quello che non riveleresti mai in una cena. Il libro è pericoloso perché tu sei pericoloso”.
In dirittura finale il cielo, troppo trattenuto, libera nuove gocce di pioggia. Qualche ombrello colorato si apre in platea. Concita e Michela si affrettano a concludere, mentre mani organizzate stirano il previsto telone di protezione sopra le loro teste. Quarto libro per Concita: “Lo Straniero” di Albert Camus, e quarto per Michela “Le nebbie di Avalon”. “Lo Straniero è un libro sul tema della responsabilità. Mersault, il protagonista, commette un omicidio in un quadro di assenza di responsabilità. E’ un libro che contiene tutte le chiavi del colore; la luce è talmente forte che si può raccontare solo attraverso l’ombra; è un libro che entra nel corpo”. Alla Murgia, invece il suo quarto classificato è piaciuto perché esprime il punto di vista femminile piuttosto che quello maschile. “Mi piace capire che cosa succede se a raccontarci il mondo sono le donne” ci dice.
Siamo ai saluti finali con il pubblico che si accoda per il rituale degli acquisti con dedica. Gli eporediesi si accalcano felici e si tengono stretta questa “Grande Invasione” che meglio di così, pioggia o non pioggia, non potrebbe andare.
Pierangelo Scala | 08/06/2016