Tra bonus promessi che non arrivano e altri già percepiti da restituire appare chiaro il fallimento di un sistema sociale fatto di mance propagandistiche anziché di seri interventi programmatici, il tutto in un quadro occupazionale preoccupante
“Regione Piemonte – Ufficio Bonus bebè. Siamo spiacenti di informare che ad oggi non siamo in grado di comunicare con precisione quando avverrà il pagamento dei restanti bonus 2013 in quanto il pagamento è subordinato alla disponibilità di cassa della Regione. Vi invitiamo pertanto ad attendere il mandato di pagamento che vi arriverà all’indirizzo che avete indicato nella domanda.”
E’ questo il messaggio registrato che i genitori dei bambini nati nel 2013 in Piemonte ricevono telefonando per avere notizie sul pagamento del bonus deliberato per il loro bambino che ormai ha tre anni. “Fortuna che non si tratta solo di bonus pannolini – commenta ironicamente una mamma eporediese – perché ormai mio figlio non li usa più”.
Il bonus di 250 euro era destinato a genitori residenti in Piemonte con ISEE non superiore a 38.000 euro (mica poco) per l’acquisto di prodotti per l’igiene e per l’alimentazione della prima infanzia (ormai andata…). In totale in Piemonte hanno presentato la domanda in 13.686, ma dopo 7.671 erogazioni i soldi sono finiti e quindi i rimanenti 6015 devono aspettare che il capitolo di spesa venga rimpolpato. Nella nostra ASLTO4 gli aventi diritto sono 1491, la maggior parte dei quali non ha ancora ricevuto l’assegno. Tutti questi bambini ormai frequentano la scuola materna, non portano più pannolini, non consumano latte in polvere, … A febbraio l’assessore alle politiche sociali della Regione, Augusto Ferrari, dichiarava in un’intervista che auspicava la ripresa dei pagamenti nel mese di marzo, ma siamo a giugno e ancora il messaggio della segreteria della Regione non è cambiato.
Insomma questi bonus non sono altro che un dispositivo di pura propaganda, e su questo filone, si inseriscono bene anche il bonus di 80 euro ai lavoratori dipendenti, quello di 500 euro per gli insegnanti e quello per i diciottenni che scaricando l’apposita app potranno accedere al market place per generare i voucher da utilizzare per eventi (viva la lingua italiana!).
Che cosa sono questi bonus se non mancette per soddisfare immediati e limitati bisogni e tenere buono il popolo riconoscente? In particolar modo quello agli insegnati arrivato guarda caso mentre la categoria era in mobilitazione contro la riforma del governo sulla scuola (piano denominato “la buona scuola”). Forse per coincidenza, ma la mobilitazione del settore, l’unico fino ad allora ad aver reagito, è andata a scemare, fino ad arrivare al fallimento dell’ultimo sciopero sulla scuola del 20 maggio scorso.
Eppure la scuola non ha bisogno di mance agli insegnanti, ha bisogno di forti investimenti nelle strutture, contratti di lavoro rinnovati nei tempi regolari (l’attuale è scaduto da sette anni!) e giustamente adeguati, ha bisogno del riconoscimento delle professionalità e del diritto degli studenti a una scuola sana, libera e di qualità per tutti. Allo stesso modo i lavoratori non hanno bisogno di 80 euro fluttuanti, che se perdi il lavoro a metà anno devi restituire perché scendi sotto la soglia minima per riceverli, ma hanno bisogno di retribuzioni giuste, di potere di acquisto reale, di certezza della retribuzione contro la precarietà, di condizioni di lavoro dignitose.
E poi c’è un’intera fascia di uomini e donne che non usufruiscono di questi “privilegi”, i pensionati (esclusi dagli 80 euro) e i lavoratori precari, gli interinali, i somministrati, coloro che lavorano a chiamata, come una macchina lavapanni a gettoni. Questo popolo generato dalle politiche sul lavoro degli ultimi vent’anni, è escluso da tutto e di conseguenza lontano da ogni rivendicazione collettiva. E infine rimangono gli ultimi, quelli che un lavoro non ce l’hanno, l’hanno perso o non l’hanno mai avuto, quelli che non lo cercano più.
E non si pensi che tutto questo non riguardi il nostro territorio, perché al contrario ci riguarda molto da vicino e nei prossimi mesi e anni ci riguarderà sempre più. Tra il 2016 e il 2017 finiranno gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità) pre-riforma Fornero e i tanti espulsi da quella galassia Olivetti ormai polverizzata (Agile, Telis, Innovis, …) che oggi hanno un reddito minimo grazie agli ammortizzatori sociali, passeranno a reddito zero con la pensione lontana.
Solo allora, forse, capiremo veramente la gravità del problema occupazionale e sociale di questo territorio che non riesce a rialzare la testa né per respirare né per urlare.
Cadigia Perini | 08/06/2016