Martedì 3 ottobre 2017 ore 15.00, 17.10, 19.20, 21.30
Mercoledì 4 ottobre 2017 ore 15.30, 18.00
titolo originale Juste la fin du monde / regìa Xavier Dolan / soggetto dall’omonimo dramma teatrale di Jean-Luc Lagarce (1990) / sceneggiatura Xavier Dolan / fotografia André Turpin / musica Gabriel Yared / montaggio Xavier Dolan / scenografia Colombe Raby / costumi Sophie Beasse, Xavier Dolan / interpreti Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Léa Seydoux, Vincent Cassel, Marion Cotillard / produzione Nancy Grant, Xavier Dolan, Sylvain Corbeil, Nathanaël Karmitz, Elisha Karmitz, Michel Merkt, per Sons of Manual, Téléfilm Canada, MK2 Productions / origine Canada, Francia 2016 / distribuzione Lucky Red / durata 1 h e 35’
Louis, giovane scrittore di successo che da tempo ha lasciato la sua casa d’origine per vivere a pieno la propria vita, torna a trovare la sua famiglia per comunicare una notizia importante. Ad accoglierlo, il grande amore di sua madre e dei suoi fratelli, ma anche le dinamiche nevrotiche che lo avevano allontanato dodici anni prima.
Dramma da camera alla Pinter, con una sceneggiatura sopraffina nella sinfonia di rimorsi e rancori, atmosfera di ossessiva malinconia post Cechov. Il canadese Xavier Dolan aggiunge un tassello contro la famiglia tenendosi ancorato a uno stile tradizionale e non isterico in complicità col magnifico cast: Gaspard Ulliel, ammalato di solitudine fra Nathalie Baye, Vincent Cassel, Cotillard e Seydoux, voci soliste di un pezzo di vita che va al macero.
(Maurizio Porro)
La definizione di enfant prodige attribuitagli quando nel 2009 non ancora ventenne stupì Cannes con il suo primo film (…) non sembra pesare a Xavier Dolan. Con Juste la fin du monde, opera sei, (…) risponde alle aspettative sorprendendo ancora. La tensione estetica resta alta e il virtuosismo linguistico (ammirato da alcuni e denigrato da altri) stupefacente, nonostante Dolan abbia scelto questa volta un testo teatrale quanto mai denso (…) e abbia ottenuto la disponibilità di cinque attori di fama (…). Inferiorità, frustrazioni, sopraffazioni che da sempre nutrono le relazioni, soffocando qualsiasi moto d’affetto che pur sembra esistere, vengono catalizzate dalla presenza di questo figlio prodigo all’incontrario (…). Girato in primissimi piani (come fosse la risposta del regista al teatro) con la macchina da presa che, insieme alle parole spezzettate, ai furori, al luccichio degli occhi, cattura anche l’anima divorata, di volta in volta, dalla paura, dalla rabbia o dalla nostalgia, Juste la fin du monde mette bene in mostra l’estro e l’abilità di Dolan, uno dei pochi capaci oggigiorno di trasformare i film in cinema. Non sarà facile (…) scrollarsi di dosso l’immagine di questo quintetto dove tutti sono incapaci di vedere per eccesso di sguardi e di comunicare per bulimia di suoni.
(Andrea Martini)
Parla il regista
Volevo che le parole di Lagarce fossero dette così come erano state scritte. Senza compromessi. È in quella lingua che risiede la sua ricchezza, ed è attraverso quella lingua che la sua opera si è affermata nel tempo. Edulcorarla avrebbe significato banalizzare l’autore. (…) I personaggi, nervosi e intimoriti, nuotano in un mare di parole, il problema è che dicono tutto tranne quello che conta, come “ti voglio bene”, o “ti odio”.
Non mi importa che si “senta” il teatro in un film. Che il teatro nutra il cinema…non è forse vero che teatro e cinema hanno bisogno uno dell’altro?
(Xavier Dolan)