“Amico mio, non sono fatto come te
guarda i miei occhi
vedrai che differenza c’è” (Celentano – Uomo Macchina)
Si vocifera che la musica del futuro sarà composta da cellulari, robot e computer, insomma dalla I.A. (Intelligenza Artificiale), come già si sta sperimentando. Ma sono stronzate.
Immaginatevi ch’io vi dica che da domani gli asini voleranno poiché, tramite un complesso sistema di propulsione infilato nel deretano della povera bestia da soma, essi possano magicamente trasformarsi in viventi esseri volanti, non dotati di ali. Mi credereste? No. O meglio, tutto ciò non avrebbe senso logico.
C’è un ciarlatano, a pochi metri, che prova a sodomizzare attraverso la sua melliflua pornografia intellettuale, un’intera platea gremita, convincendola del fatto che un giorno non lontano, non ci si ritroverà più in una sala prove. Sparirà quel momento magico in cui ci si incontra e si condivide il proprio estro musicale finalizzato al raggiungimento d’un lavoro concreto, inebriato da litrate di birra da 0,69 cent a lattina, mentre un occhio si chiude dovuto alla stanchezza d’un infinito turno lavorativo di 8 ore e l’altro resta aperto per controllare gli sms minatori della moglie, o fidanzata, che ti recrimina il fatto di pensare sempre e solo alla stupida musica.
Innegabile che le apparecchiature moderne stiano aiutando molto il lavoro dei musicisti (tanto che son sempre più frequenti i casi di incapaci cronici i quali possono vantarsi d’essere dei novelli fenomeni da baraccone). Ma ecco la prova del 9: sul palco si dimostrano delle scimmie svolazzanti, simili o quasi a quelle del magico mondo di Oz.
La musica non è una sequela di note messe al posto giusto nel momento giusto, in modo maniacale e perverso. La musica è chi sei, chi sei stato e cosa sarai. La musica sono le lacrime che hai versato, il sangue che hai sputato e i drink di troppo che ti hanno fatto vomitare l’anima mentre sudavi per la tremarella. La musica è la ragazza che ti ha mollato e quella che hai scopato nel cesso d’un autogrill alle ore 13 d’una giornata in pieno agosto. La musica sei tu.
I robot arriveranno al livello di perfezione in cui suoneranno un intero concerto di musica Classica senza stancarsi e senza mai sbagliare, arriveranno a far cose strepitose, a suonare alla precisione Jimi Hendrix: gli stessi movimenti, lo stesso suono, nello stesso preciso istante. Ma non saranno MAI Jimi Hendrix, non saranno mai Beethoven, Bach o Verdi, né tantomeno Kurt Cobain o Mick Jagger. Saranno diafane copie tintinnanti di quello che è il genio umano. Avranno il cervello ma non il cuore.
I robot saranno solo e soltanto degli emeriti pezzi senz’anima non retribuiti. E questa non si chiamerà mai musica. La musica è imperfezione. È l’errore. La nota sbagliata.
Mettetevi pure a pasticciare su Paint, ma non sarete mai il nuovo Salvador Dalí.
Riccardo Bonsanto