Due furono i partigiani caduti quella notte, mentre altri dieci furono fucilati o impiccati nei giorni successivi a Ivrea e Cuorgné.
Lì dove sorgeva la baita, nel dopoguerra fu trasportato un masso, sul quale vennero incisi i nomi dei Caduti per ricordare la tragedia. Presto i resti della baita divennero l’Area monumentale attorno alla quale da molti anni si radunano i Cittadini Biellesi e Canavesani il 25 Aprile, e non solo.
Questo ritrovo della Memoria nella sera del 29 gennaio nasce da un piccolo gruppo di eporediesi che, ormai quasi una trentina di anni fa, cominciarono a trovarsi lì con un semplice passaparola. Un’iniziativa che acquistò sempre più valore, sino agli incontri attuali organizzati dalle sezioni ANPI con fiaccolata e canti del Coro Bajolese.
La Cerimonia della Memoria del 29 gennaio 2025 a LACE – DONATO prevede:
Ritrovo alle ore 19
Brevi riflessioni sui Caduti
Fiaccolata
Canti e Letture
Distribuzione di vin brulè
Chi volesse fermarsi per la cena presso la “Cantina del Gallo” è pregato di prenotare ai numeri 333 394 45 99 / 339 350 15 40Chi invece volesse andare alla Pizzeria Ristorante Ca’ d’Jolanda può prenotare ai numeri 015 6411036 / 392 506 76 43 / 338 65 13 974 Alle ore 21,30 ci si ritrova tutti alla Cantina del Gallo per assistere ad un documento video con interviste curato da Italo Poma e Alberto Zola
Quei nostri modelli ideali
«L’inverno del ’45 fu particolarmente rigido. Un metro di neve rendeva impraticabile il terreno. Il Comando partigiano della VII Divisione, 76° Brigata Garibaldi, aveva posto il comando nella baita di Lace. Gli uomini si sentivano sicuri, con quel tempo un attacco era quasi impossibile, eppure…
Il giorno prima, 28 gennaio, un pattuglione germano-mongolo piomba su Andrate, uccidendo Carrel, comandante di Battaglione, e catturando Pinco e Volpe, che vengono immediatamente interrogati e torturati. La loro cattura allerta il Comando. «Pinco non resiste a un interrogatorio» dice Martin nel tardo pomeriggio del 29. «E’ opportuno cambiare sede». La riunione degli ufficiali si protrae però fino a tardi, e quella notte si rimane sul posto.
Alle due del mattino arrivarono purtroppo i tedeschi con truppe mongole: un’ottantina di uomini guidati proprio da Pinco. Quando la prima sentinella avvistò il nemico, gridò il “chi va là”, tirò due colpi ed inseguita da un crepitio di mitraglia si gettò nella neve per correre a dare l’allarme ad altre baite. L’altra sentinella, “Pallino”, venne colpita da una raffica. I tedeschi circondarono le baite cominciando a sparare. I lanciafiamme entrarono in azione. Dante e Abbondanza perirono sotto i colpi. All’interno si fece un rapido esame delle armi, ma erano poche. Dopo breve discussione determinarono di arrendersi. Si sperava che il nemico accettasse uno scambio con prigionieri tedeschi già in mano partigiana. Entrò Pallino, gravemente ferito: «I tedeschi mi hanno mandato per dirvi di arrendervi…»
Un asciugamani sventola alla finestra. Irrompono tedeschi e mongoli. Legati a due a due i partigiani furono trascinati via, mentre alle loro spalle la baita ed il fienile finivano di bruciare.
Il cambio non avrà luogo: i tedeschi ritenevano troppo importanti i prigionieri. Furono condannati tutti a morte. Fucilarono per primo Mak, a Ivrea. Volle ordinare lui stesso il fuoco. Morì gridando «Viva l’Italia!» Bandiera, Ugo, Basso, Pirata, Testarin, Franchestein, Riccio furono fucilati anch’essi. La popolazione restò impressionata dal loro contegno di fronte al sacrificio.
Martin venne impiccato a Cuorgnè. Disse con calma: «Viva l’Italia», mentre gli stringevano il cappio di filo telefonico. Il camion partì lasciandolo appeso; poi il cavo si ruppe e lui cadde a terra. Attese mentre il “boia”, trovata una corda più solida, la ungeva di grasso, poi venne nuovamente impiccato. Alla fine, già morto, ricevette il colpo di grazia in pieno viso.
Il commissario politico, Battisti, fu impiccato di notte nei giardini pubblici di Ivrea, dopo un lungo martirio. Gli fecero percorrere via Palestro infiggendogli pugnali nel petto. Lo appesero col fil di ferro ad un albero.
Dopo il disastro di Lace la 76.a seppe riprendersi combattendo al fianco delle brigate garibaldine del biellese, esempio degli ideali che i giovani di allora seppero elevare a modello di vita, regalandoci libertà e democrazia.
Non si tratta di retorica: nell’incertezza morale, politica e culturale di oggi, quegli uomini giganteggiano, diventano modelli di riferimento ovunque si parli di Libertà e Democrazia. Furono essi le fondamenta della nostra Carta costituzionale. Ritrovarci ogni anno a Lace significa ribadire il nostro orientamento e la tensione ideale che animò la Resistenza.
Mario Beiletti (presidente sezione ANPI di Ivrea e Basso Cannavese)