Legambiente: scelta ideologica e sbagliata. Un passo indietro che mette a rischio un ambiente delicato e preziosissimo
Da oltre 20 anni, la domenica la strada per il COLLE DEL NIVOLET è chiusa al traffico automobilistico e motociclistico. Questa misura, frutto di un accordo tra il Parco Nazionale del Gran Paradiso, i comuni di Ceresole Reale e Valsavarenche, e la Città Metropolitana, è stata fondamentale PER PROTEGGERE UNA DELLE AREE NATURALI PIÙ PREZIOSE D’ITALIA DALLE EMISSIONI INQUINANTI, DAL RUMORE, E DAL DISTURBO ALLA FAUNA LOCALE. Grazie a questa politica, il Parco ha potuto preservare la sua integrità ecologica e promuovere un turismo sostenibile e rispettoso dell’ambiente, ottenendo, in virtù delle scelte compiute, la Bandiera Verde di Legambiente con la seguente motivazione: “per avere istituito la chiusura domenicale al traffico automobilistico privato del tratto terminale della strada del Colle del Nivolet nel parco del Gran Paradiso.”
Tale accordo è in scadenza e la nuova dirigenza del Parco Nazionale del Gran Paradiso ha dato il via libera ai mezzi motorizzati in tutti i giorni della settimana. La scusa è quella di raccogliere a dati pieno traffico per avere una panoramica completa degli impatti su ambiente e fauna, così poter progettare una futura regolamentazione dell’accesso al Colle che si trova a oltre 2600 metri di altitudine.
“Riaprire il Colle del Nivolet al traffico per ottenere dati su quello stesso traffico che poi si vorrà limitare è un controsenso – afferma ALICE DE MARCO, PRESIDENTE DI LEGAMBIENTE PIEMONTE E VALLE D’AOSTA – È necessario cambiare approccio con l’ambiente montano, che dobbiamo sempre più tutelare e preservare.
Soprattutto all’interno di Parchi Nazionali, ma non solo, è necessario investire sul turismo lento e sulla fruizione consapevole dell’ambiente montano. Non sono luoghi che si prestano, per la loro delicatezza, al turismo di massa mordi e fuggi, men che meno motorizzato. Fauna e flora locali tutelati e protetti. La scelta fatta dal Parco è evidentemente ideologica, è in forte controtendenza con quanto fatto negli anni passati e rappresenta un pericoloso passo indietro che mette a rischio un ambiente delicato e preziosissimo. Per questo chiediamo che si ritorni sulla decisione presa”.
Legambiente Piemonte
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