L’Inferno di Alighieri messo in scena dai detenuti della Compagnia Mali minori
C’era la coda sabato 11 gennaio davanti al carcere di Ivrea, anzi alla Casa Circondariale. In coda per entrare, pazientemente. Già questo è un avvenimento, perché quelle mura le vediamo tutti i giorni passando in automobile ma di cosa succeda all’interno, come si viva, quanti siano e cosa facciano nulla trapela e poco sembra interessare. Un cubo alieno piantato tra Burolo e Ivrea.
Eppure quasi 100 persone hanno compilato la domanda per entrare in quel cubo per assistere a una lettura dell’Inferno di Dante realizzata dai detenuti. Così numerosi da occupare tutti i posti disponibili tanto che dovrà essere organizzata una replica per consentire anche agli altri detenuti di assistere allo spettacolo.
All’interno del carcere esiste infatti la compagnia teatrale Mali minori, che dopo aver messo in scena l’anno scorso Il naufragio del re, tratto dalla Tempesta di Shakespeare con la direzione del regista Luca Vonella, quest’anno ha scelto i versi dell’Inferno di Dante avvalendosi della supervisione di Simonetta Valenti, realizzando Siamo tutti Dante, prova aperta di libertà.
Nella loro scelta teatrale dichiarano la forte volontà di dimostrare che il carcere può non essere solo punizione ma che invece è pieno di vita e di persone che vogliono vivere e confrontarsi con il mondo esterno.
La decisione di calarsi nell’Inferno dantesco ha portato la compagnia nel suo insieme a scegliere i canti, trovare il modo di spiegarne i contenuti, in qualche modo anche attualizzandoli, fino ad avvicinare la parlata a quella della loro terra traducendo i versi del XXVI canto, quello relativo ad Ulisse, in dialetto siciliano:
Fratelli, ha qussi ci rissi,
ttraviessu mili pericoli arrivamu e cunfini l’occidente
lu puocu periodo ca ni riiesta ra nuostra ità i campari …
Ecco così nella sala ufficialmente dichiarata “polivalente” ma in realtà occupata vistosamente dai simboli della Cappella del carcere, risuonare i versi celeberrimi del I canto, con la comparsa anche di Virgilio, quelli del V canto (Paolo e Francesca), del VIII (gli iracondi), del XXVI (Ulisse), fino al desiderato uscimmo a riveder le stelle, accompagnati dal puntuale e quotato sostegno musicale fornito da Loris Deval alla chitarra e Massimo Marino alla fisarmonica oltre all’intervento del cantante Enzo, anche lui “ospite” della Casa eporediese.
Al termine grandi ringraziamenti alle autorità, presenti anche Sindaco e Assessore, e ai vari operatori e volontari presenti con attività anche molto diverse all’interno della Casa.
La difficoltà però è riuscire ad affacciarsi e aprire dei canali di comunicazione anche con l’esterno, perché è lì che prima o poi la gran parte dei detenuti dovrà tornare. Ci provano le redazioni del giornale trimestrale L’Alba e quella online de La Fenice, ospitata da varieventuali, dando ai detenuti la possibilità di usare le proprie parole per raccontarsi così come il teatro permette di usare le parole del sommo Dante.
Francesco Curzio