Il mio ricordo di Luigi Bettazzi (parte seconda)
Ho rinviato la stesura della seconda parte dell’articolo su Mons. Bettazzi, perché non trovavo il modo di cominciarlo. Durante il suo funerale nel Duomo di Ivrea ho pensato di scriverla rivolgendomi a Lui, così.
A te carissimo Vescovo Luigi, che sei in spirito nel regno dei cieli e col corpo nella bara, sepolta in Duomo con sopra la bandiera della pace. Credo di non averti mai scritto, se non cartoline, perché ho sempre preferito parlarti a tu per tu ogni volta che ne sentivo necessità, perché così potevo ascoltarti.
Mentre ora posso solo ricordare e immaginare cosa mi potresti dire. Hai visto quante persone al tuo funerale?! Venute anche da lontano, perché tu hai avuto amicizie e conoscenze ovunque. E tanti, che non hanno potuto esserci, ti avranno pensato e ricordato gli incontri con te, le celebrazioni religiose e le conferenze, i libri e gli articoli che hai scritto.
A proposito di libri: hai finito quello che stavi scrivendo? Dicevi che per prolungare la vita occorreva scrivere un libro all’anno. Speravo tanto che non interrompessi questa profilassi nel centesimo anno di vita. In questi giorni tanti hanno scritto articoli di te (ma solo un paio di telegiornali ti hanno dedicato servizi). Anche il Papa ha inviato un bel messaggio di cordoglio, con un telegramma del Card. Parolin, letto in Duomo dal vescovo Cerrato. E il Card. Zuppi, che non ha potuto venire al funerale, perché impegnato a Washington nella missione di pace che tu avresti certamente benedetto, ha scritto una gran bella lettera.
Da tre giorni l’Osservatore Romano ti sta dedicando articoli, compreso quello scritto da don Arrigo, cioè il Card. Miglio, che ha presieduto la celebrazione del funerale e ti ha bene ricordato nell’omelia. Sai che anche un deputato (Mauro Berruto) ha parlato di te in una seduta della Camera? Lo ha citato il sindaco di Ivrea nel suo messaggio al termine del funerale.
Dopo di lui ha parlato Mons. Ricchiuti, Presidente di Pax Christi. Lo abbiamo lungamente applaudito quando Mons. Giovanni ha detto: “Ora che sei morto molti pensano che tu possa dare meno ‘fastidio’ di quanto invece lo davi da vivo. Quante censure hai avuto! Quante volte le tue posizioni, anche recenti, contro la guerra e il riarmo sono state criticate o quantomeno… ignorate. E siamo qui ancora oggi con te a denunciare la follia delle spese militari”. Così il popolo di Dio ha espresso il suo affetto per te e il plauso del tuo operare, in linea con il Concilio e in sintonia con Papa Francesco, per il quale invitavi a pregare ad ogni preghiera dei fedeli della messa.
Noi organizzazioni di Ivrea e Canavese, sui manifesti funebri, abbiamo scritto che ci mancherai alle manifestazioni e iniziative di pace, ma i tuoi insegnamenti e la tua testimonianza di profeta e maestro di nonviolenza evangelica, continueranno a guidarci e a dare forza e gioia alla nostra azione per la pace, la giustizia e i diritti.
In tante persone hai lasciato piacevoli ricordi degli incontri avuti, sia pubblici che individuali e in
gruppi ristretti. Con la tua verve spiritosa, con le barzellette, le battute, i giochi di parole, riuscivi a
conquistare l’attenzione e la simpatia in ogni ambiente. Si potrebbe pensare che applicassi la captatio benevolentiae, ma posso testimoniare che ti piaceva proprio sorridere e diffondere gioia.
Quando parlavi anche di argomenti seri e impegnativi, stavi attento a chi ti stava di fronte, presentandoli in forma semplice, distribuendo nei discorsi gli aneddoti e i ricordi storici, con grande eloquenza e senza saccenteria. Sapevi argomentare su questioni scabrose, che avrebbero potuto sollevare reazioni critiche, senza arroganza e toni polemici, con convinzione delle tue idee e con disponibilità al dialogo, nella ricerca della verità e del bene comune.
Ti ho sempre ammirato anche per questo. Così come ammiravo la tua vasta cultura storica, filosofica e teologica e le tante esperienze e conoscenze in ogni parte del mondo. Quando era possibile portavi i tuoi amici vescovi, preti e teologi a tenere conferenze a Ivrea. Come non ricordare Dom Helder Camara che portasti il 4 ottobre ’81 alla festa del mio matrimonio prima di andare al Teatro Giacosa stracolmo di gente! Che regalo ci hai fatto! Poi ci chiamasti in vescovado quando tornò l’1 dicembre ’86.
Grazie per avere condiviso con la chiesa diocesana le tue importanti conoscenze. Ci hanno arricchito culturalmente e spiritualmente, inoltre – lasciamelo confessare – hanno alimentato non solo la gioia, ma anche l’orgoglio di avere un amico vescovo noto in Italia e all’estero. Ivrea con te ha accresciuto la sua fama e dovrà pensare di dedicarti qualche via, piazza o edificio pubblico; magari un centro per le associazioni impegnate socialmente, in particolare per la pace, così che Ivrea possa essere sempre più città di pace: una pace come la volevi tu, con la giustizia, la fratellanza, la nonviolenza, il disarmo, attenta ai diritti e ai bisogni di tutti, a cominciare dai più poveri. Una pace come la intendevano Gesù e i tuoi confratelli nel sacerdozio a te cari: don Milani,
don Mazzolari, Papa Giovanni, Padre Charles de Foucault, Mons. Oscar Romero, Don Tonino Bello.
Posso dire che se Ivrea è città di pace è in buona parte merito tuo. Ora posso farti tutti gli elogi perché tanto non puoi vantarti, ma comunque non ti vantavi neanche prima. Prova ne è che quando mi capitava di portarti a qualche incontro o conferenza, volevi sempre arrivare in anticipo e sederti nei posti dietro, mai ai primi posti (secondo il consiglio di Gesù in Luca 14: “quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti”). Ricordo per esempio, quando, mossi dal comune interesse per l’ecumenismo, nel 1997 andammo in auto in Austria, a Graz, all’Assemblea Ecumenica Europea, pensavo che avresti cercato di stare tra i leaders religiosi di tutta l’Europa, invece ti mettevi tra i semplici cristiani.
Anche all’incontro dei 700 italiani presenti, con capo delegazione il Card. Ruini, ti sei seduto verso il fondo della sala, senza chiedere di parlare. Ricordo che portavamo sulla giacca un cartellino con indicate le quattro lingue dell’assemblea, per favorire i dialoghi interpersonali tra le diecimila persone provenienti da tutti i paesi europei e di tutte le confessioni cristiane; io avevo segnato solo il logo francese, tu invece, senza stare a guardare, li hai crocettati tutt’e 4: francese, inglese, tedesco e russo. “Ma” ti ho chiesto “parli anche il russo?” “Di notte”, hai risposto prontamente. Quante barzellette ci siamo raccontati in viaggio! E ti segnavi su un blocchetto le mie che non conoscevi, per raccontarle con la maestria del barzellettiere, attento ai tempi giusti e ai dettagli.
A proposito di blocchetto, ti ho visto anche recentemente prendere appunti agli incontri, desideroso di essere aggiornato e di aggiungere nuove conoscenze alla tua già vasta cultura. Una cultura che sapevi esternare nelle tue conferenze e prediche con dovizia di particolari, grazie a una memoria
formidabile. E quando invidiandoti ti elogiavo per questo, mi rispondevi: “Mi daranno la medaglia alla memoria!”. Avevi sempre la battuta pronta; come quando dovevi essere operato all’anca e ti chiesi dove saresti andato a fare l’intervento, mi hai risposto: “Da un orologiaio di Bologna che ha scritto sull’insegna del negozio: Si vendono orologi e si riparano anche”.
Quanti bei ricordi, carichi di umanità, di un uomo libero e aperto al dialogo e al confronto, capace di comunicare buonumore e speranza anche in situazioni serie!
Solo nell’ultimo mese non ti ho più visto sorridente e far battute, a causa del peggioramento delle tue condizioni. Un mese fa, alla messa che hai celebrato nel cortile del Castello di Albiano la domenica del tuo onomastico, nella breve omelia hai detto: “Pensiamo che siamo chiamati dal Signore, che dobbiamo ascoltare la sua voce e sapergli sempre dire di sì”.
Ti ho guardato con affetto senza mai staccare gli occhi da te. Ho avuto l’impressione durante la consacrazione che tu stessi proprio parlando con Dio. Mi sono commosso pensando che potesse essere l’ultima festa del tuo onomastico. E’ stato così.
Purtroppo il 26 novembre non potremo festeggiarti per il tuo centesimo compleanno, come negli anni scorsi. Ma festeggeremo in altro modo, tu in cielo e noi al Castello di Albiano, con te nel cuore.
Pierangelo Monti