Sciopero nazionale Inps Servizi contro le condizioni del rientro del call center nell’Istituto di previdenza. Presidio anche a Ivrea. Presente il neo-sindaco Matteo Chiantore che con una delegazione di lavoratori ha incontrato il direttore Inps.
Una trentina fra delegati, lavoratori, sindacati territoriali e alcuni rappresentanti di forze politiche, erano presenti stamattina al presidio davanti alla sede Inps di Ivrea in concomitanza con lo sciopero nazionale di Inps Servizi, la società nata nel 2021 per internalizzare i servizi di assistenza telefonica che fino al 30 novembre 2022 erano gestiti da aziende esterne (Comdata e Netword Contact). Era presente anche il neo-sindaco Matteo Chiantore che ha chiesto ed ottenuto di incontrare il presidente Inps.
Ben venga ogni mobilitazione per i diritti, ma non si può non dire che altri dovevano essere i tempi e le modalità di reazione visto che il progetto di reinternalizzazione dei servizi di call center in Inps è partito nel 2021 e di fatto l’istituto previdenziale ha potuto fare quello che voleva, incluso non adottare la clausola sociale.
“Fin dall’inizio c’erano delle falle nell’accordo, prima fra tutte il mancato ricorso alla clausola sociale. E oggi quelle falle imbarcano acqua: cassa integrazione in Comdata per sette mesi dal 1 dicembre. E la sede di Ivrea è fra le più colpite.” Questo scrivevamo il 12 dicembre 2022, e tante erano le denunce per un accordo scellerato riprese anche da questo giornale. I lavoratori e le lavoratrici che il 1 dicembre 2022 sono stati assunti da Inps Servizi SpA sono praticamente dei neo-assunti, avendo visto cancellata l’anzianità di servizio, il diritto all’art.18 e tutti i trattamenti aggiuntivi conquistati e maturati in anni di lavoro. Peggio è andata a chi non è passato in Inps Servizi però, chi è rimasto nelle due aziende che gestivano i call center di Inps, Network Contact e soprattutto Comdata. Alcune sedi, come quella dell’Aquila ha chiuso, e nella sede Comdata di Ivrea – la più colpita – sono circa 60 a non essere passati in Inps Servizi e quindi in cassa integrazione, senza prospettive.
Tutto questo è potuto accadere perché Inps Servizi, d’accordo con la controllante Inps, non ha applicato la legge sul cambio di appalto, ovvero la clausola sociale nel trasferimento dei servizi, ma ha assunto gli operatori con “bando di selezione pubblica”. Un fatto assai grave anche considerato che l’istituto previdenziale è un ente pubblico statale, dal quale è normale aspettarsi il massimo dell’etica datoriale.
Ed è potuto accadere anche perché non vi è stata nei tempi opportuni la dovuta mobilitazione e determinazione nell’azione sindacale. Le rivendicazioni alla base dello sciopero odierno infatti sono esattamente quelle che venivano avanzate fin dall’inizio della trattativa più di due anni fa.
“Una modalità di re-internalizzazione che ha avuto ripercussioni tragiche: parte dei lavoratori hanno dovuto rinunciare, loro malgrado, al passaggio per via della perdita economica che avrebbero subito” – si legge nel comunicato SLC CGIL, FISTEL CISL e UILCOM UIL.- “In particolare oltre 60 tra lavoratrici e lavoratori di Ivrea rimasti in Comdata sono in Cassa Integrazione da ormai 5 mesi in attesa di una ricollocazione e della ripresa del lavoro“.
Ma cosa si è fatto, viene spontaneo chiedersi, per scongiurare queste tragiche riperscussioni?
Inps Servizi non risponde
Le Organizzazioni Sindacali informano di aver presentato una “piattaforma rivendicativa per recuperare quanto perso”, ma Inps Servizi dopo quasi sei mesi non dà risposte. Difficile immaginare che dopo due anni di trattative sulle modalità di gestione della re-internalizzazione del servizio, avendo Inps Servizi ottenuto quanto era nei suoi piani, ci ripensi e offra oggi l’art. 18 oppure gli scatti di anzianità cancellati. Se prima del passaggio i lavoratori un minimo di forza contrattuale ce l’avevano, se non altro perché lavoravano da anni nell’assistenza telefonica per Inps che non è cosetta da poco per la complessità dei servizi, adesso questa è al lumicino.
Telecomunicazioni una crisi globale. Sciopero nazionale il 6 giugno
“La difficile situazione delle lavoratrici e dei lavoratori di INPS SERVIZI e quella di chi è stato costretto a non potere partecipare al Bando di gara e che attualmente è posto in regime di ammortizzatore sociale all’interno della società COMDATA – concludono le OOSS – si uniscono a tutte le altre vicende che riguardano il Settore delle Telecomunicazioni che investono i lavoratori di WIND3, società oggetto di scorporo irrazionale tra la società della rete e quella dei servizi, i lavoratori di VODAFONE ITALIA oggetto di un piano di esuberi con ricadute pesanti sul territorio di Ivrea, quelli di TCC e OLIVETTI i cui destini, vista la preoccupante incertezza del futuro industriale della capogruppo TIM, non abbiamo riscontro e che destano preoccupazione. Anche per queste ragioni le lavoratrici ed i lavoratori saranno coinvolti nello sciopero nazionale del Settore delle TLC del 6 giugno 2023“.
Le TLC andavano regolamentate sul nascere, il loro sviluppo senza controllo, la frammentarietà, le delocalizzazioni all’estero, la precarizzazione degli operatori, un mercato senza regole globali, hanno portato sacche di lavoro povero e incerto, e anche desertificazione occupazionale. Fino a quando si firmeranno solo protocolli di “buone intenzioni”, come quello del 2017 del governo Gentiloni non si otterrà quel lavoro degno che ci indica la nostra Costituzione, via maestra, ma non per tutti. Serve un patto nazionale di mercato e per il lavoro per le Tlc, ma non si vedono francamente segnali positivi in questa senso.
Cadigia Perini