Con il consenso dei docenti si va silenziosi e spensierati al fallimento
“Docente tutor: dal Ministero dell’Istruzione e del Merito 150 milioni di euro per avviare la personalizzazione dell’istruzione nelle scuole secondarie di secondo grado…”
Uno sospira (Ohhh), anni e anni che si parla di “personalizzare l’istruzione” e ora ecco: i fondi arrivano. Dunque classi di 20 studenti non uno di più, maggiore collegialità, valorizzazione del lavoro sul campo e sommerso, spazi adeguati e adeguatamente attrezzati e magari pure belli per leggere e studiare, ambienti nei quali fermarsi il pomeriggio con i compagni o i colleghi, aule anche all’aperto nelle quali spostarsi durante le belle giornate, biblioteche luminose e spaziose… Una scuola stile Nordeuropa, dove ce la menano da secoli che l’istruzione è il non plus ultra, poi vai a vedere e scopri che hanno anche la Jacuzzi in bagno…
Chiuso il libro dei sogni, apprendiamo che dal forziere del PNRR arrivano 150 milioni tondi tondi solo per cominciare. “Oggi poniamo la prima pietra della rivoluzione del merito nella scuola italiana”, annuncia magnum gaudium il ministro.
Quando i toni diventano epici e la parola “merito” viene rivendicata, i timori si materializzano e la speranza va scemando.
In breve: siccome le scuole devono far “emergere i talenti di ogni studente innescando un percorso virtuoso”, dunque si dedica una certa quantità di denaro pubblico per nominare superdocenti. In un istituto diciamo circa 20 tutor e un orientatore.
Per fare?
E qui sorgono dubbi amletici. L’orientatore orienterà, ma gli altri?
I tutor – ci informano – attueranno una “didattica in chiave orientativa … cioè a partire dalle esperienze degli studenti e dalla personalizzazione dei percorsi … mettendo l’accento sullo sviluppo delle competenze di base e trasversali”.
A parte la conferma che anche la didattica – come ogni genere di largo consumo – è definitivamente proiettata nel futuro (con un senso bestiale di frustrazione, perché il futuro per sua natura non fai in tempo ad acchiapparlo che quello, disgraziato, già s’è fatto banalmente presente); a parte il trampolino affacciato nel mondo del forse e del magari e del vedrai, non si capisce letteralmente che cosa i tutor debbano fare, la parola Competenza essendo tutto e niente, abusata e svuotata.
Chiarisce il MIUR:
[…] In particolare, nella scuola secondaria di primo e secondo grado, il docente tutor è chiamato a svolgere due attività:
-. Aiutare ogni studente a rivedere le parti fondamentali che contraddistinguono ogni E-port-folio personale e cioè:
– a. il percorso di studi compiuti, anche attraverso attività che ne documentino la personalizzazione;
– b. lo sviluppo documentato delle competenze in prospettiva del proprio personale progetto di vita culturale e professionale […];
– c. le riflessioni in chiave valutativa, auto-valutativa e orientativa sul percorso svolto e, soprattutto, sulle sue prospettive;
– d. la scelta di almeno un prodotto riconosciuto criticamente dallo studente in ciascun anno scolastico e formativo come il proprio “capolavoro” (sic!).
– Costituirsi consigliere delle famiglie nei momenti di scelta dei percorsi formativi o delle prospettive professionali dello studente[…].
Gettando via via le parole fumose e cioè quasi tutte (a proposito di merito e competenze: da chi avranno imparato a comunicare questi nani del pensiero complesso?) e tenendo quel briciolo di sostanza percepibile in trasparenza, parrebbe di capire che ‘sto bendiddio debba semplicemente sostituire l’attuale coordinatore, che fino ad oggi in ogni classe si occupava anche di tutto ciò che esula dall’insegnamento vero e proprio, inclusi i rapporti con le famiglie.
Tutta questa attesa, questa sospensione e quegli annunci tonitruanti per una menata simile?
Oltretutto non realizzabile: si legge infatti nel testo del Decreto che ogni tutor si prenderà in carico tra 30 e 50 studenti pescati un po’ qua un po’ là nel triennio, laddove oggi un coordinatore segue una, talvolta due delle classi proprie che conosce e frequenta.
Via i vecchi coordinatori dunque, sostituiti da professori che, previo corso opportuno, partano in quarta a sviluppare le competenze e avviare verso il trampolino del futuro.
Gli stessi prof che intanto avranno da svolgere solite e noiose routine quali impostare lezioni, correggere compiti, preparare materiale sintesi e schemi e tabelle da presentare su LIM, aggiornarsi, rispondere alle mail dei ragazzi e dei colleghi, scervellarsi per risvegliare animi sopiti e sgranchire menti ipnotizzate dal cellulare (in un giorno di festa anche 12 ore di collegamento!).
L’impressione è che toccherà ai prof “normali” lavorare con i ragazzi mentre gli altri saranno sommersi da carte e incombenze, intenti a far emergere talenti e innescare percorsi virtuosi.
Sarà impossibile e sarà un disastro: ennesima frammentazione tra docenti – già ora c’è uno iato tra i tutorandi e i ribelli –, disorientamento degli studenti, scarsa qualità dell’insegnamento.
Tutto come previsto. Anzi meglio: il tacchino attende ansioso il pranzo di natale.
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