Mi è accaduto di vedere una curiosa pubblicità televisiva, non perché vantasse inesistenti proprietà del prodotto reclamizzato, ma per il bizzarro fraintendimento lessicale. Si tratta di “ZzzQuil Natura”, integratore coadiuvante del sonno che contiene melatonina, camomilla, lavanda e valeriana; in virtù della composizione sono alquanto certo che possa aiutare chi soffre di occasionali disturbi del sonno, non si tratta di pubblicità ingannevole, se avessi difficoltà nell’addormentarmi, probabilmente lo proverei.
Il breve video pubblicitario, con testimonial Fabio Rovazzi, termina, però, con un’affermazione stravagante sul contenuto dell’integratore che recita: “…con melatonina ed estratti botanici”.
Probabilmente chi ha scritto lo spot non ha idea di che cosa sia la botanica. Mi ergo a professore e spiego: la botanica è la scienza che studia il mondo vegetale in tutti i suoi aspetti. Come si può “estrarre” una sostanza da una scienza?
Ciò che si può ragionevolmente estrarre da una disciplina scientifica è la conoscenza, bene immateriale oggi, a quanto pare, passato di moda. Più correttamente l’autore del video avrebbe dovuto dire: “… con melatonina ed estratti vegetali”.
Seguendo, invece, la logica dell’ideatore si potrebbe affermare che il dado di carne è composto da estratti zoologici e il lievito alimentare (per chi non lo sapesse è prodotto da un fungo microscopico) da estratti micologici.
Va bene, sono pignolo, in fondo si tratta di un banale errore che dimostra almeno la scarsa conoscenza della scienza e soprattutto della lingua italiana da parte di chi l’ha confezionato. Ma c’è di peggio: la moda della clorofilla. Penso tutti sappiate cos’è la clorofilla, si studia a scuola: è il pigmento verde presente nei vegetali in grado di assorbire la radiazione solare e, quindi, promuovere il processo di fotosintesi che produce gli zuccheri essenziali alla vita delle piante.
All’inizio degli anni cinquanta fu protagonista di una moda, stimolata dal marketing, poiché alcuni articoli scientifici avevano riportato esperimenti che ne vantavano le incredibili proprietà per la salute umana. Gli esperimenti, in realtà, furono mal condotti e ricerche successive li smentirono, ma le industrie iniziarono a mettere clorofilla dappertutto: dentifrici, gomme da masticare, collutori, solette per scarpe, saponi, persino sigarette.
Nel 1955 la moda si era sgonfiata grazie ad articoli pubblicati da prestigiose riviste scientifiche. Ora la moda è tornata, specie sui social media, e la clorofilla è spacciata come in grado di depurare il corpo, guarire l’acne, migliorare le condizione di pelle e capelli, aumentare l’ossigenazione del sangue e numerose altre virtù. Purtroppo nulla di ciò è scientificamente provato, come dimostrato da una rassegna del 2014 sulla rivista “Journal of Dietary Supplement”, ma ciò non è bastato a contrastare l’immagine miracolosa che è stata cucita addosso alla molecola dal marketing.
È ironico che un prodotto il cui successo si basa sull’aura di naturalità di cui si ammanta, sia in realtà una sostanza semisintetica.
La produzione industriale si basa, in genere, sull’erba medica da cui si estrae la clorofilla con un solvente come l’acetone, poiché la clorofilla non è idrosolubile bisogna trattarla con una sostanza fortemente alcalina, per esempio soda caustica, ma nel far ciò la clorofilla si trasforma in clorofillina dove l’atomo di magnesio al centro della clorofilla è sostituito da un atomo di rame, insomma il risultato finale è il sale sodico della rame clorofillina, anche noto come colorante E141.
Insomma: dove è finita la clorofilla con il suo atomo di magnesio che è sicuramente utile al nostro metabolismo? Eppure se scorrete il web sono molti i siti che vantano le straordinarie proprietà di integratori a base di clorofilla.
Come già successo in passato anche questa moda stimolata dal guadagno passerà. Invece è utilissimo assumere clorofilla mangiando vegetali verdi che non solo sono una fonte di magnesio, contenuto nella molecola, ma di numerose altre sostanze utili al nostro organismo e non si capisce perché dovremmo assumere finta clorofilla industriale quando è ampiamente disponibile in natura.
Non facciamoci prendere in giro dalla pubblicità tendenziosa: viva l’insalata!
Diego Marra