Torna a far parlare di sé il carcere di Ivrea. Dopo le inchieste della magistratura per i pestaggi ripetutisi negli anni 2015-2016 che hanno portato all’inquisizione di 28 operatori e mentre prosegue l’inchiesta per altre violenze perpetrate nel 2021, la Direzione ha pensato bene di mettere in forse due tra le poche attività rieducative in corso tra le mura della Casa Circondariale, tra queste la redazione de La Fenice.
Con una lettera datata 28 febbraio alle due redazioni attive all’interno del carcere, il quadrimestrale L’Alba e l’inserto di varieventuali La Fenice, venivano infatti richieste dalla Direzione nuovi adempimenti burocratici (progetti, protocolli, autorizzazioni) che nei trent’anni di vita dell’Alba e nei cinque della Fenice non erano mai stati nominati. Nel frattempo l’attività delle redazioni è stata sospesa.
Bisogna ricordare che dopo il clamore mediatico, anche nazionale, per le indagini, ad Ivrea sono stati nominati una nuova Direttrice, sempre in condivisione con un’altra sede, e un nuovo Comandante, che quindi si trovano a gestire attività già in corso, organizzate, come accade la maggior parte delle volte, da volontari.
Questo è un nodo fondamentale dell’organizzazione delle carceri, in tutta Italia. La funzione fondamentale della pena, richiamata dalla Costituzione, oltre a quella punitiva, è quella della rieducazione di chi ha compiuto un reato, in vista di un reinserimento positivo nella società.
Questo obbiettivo si può raggiungere tramite attività di vario genere, dal seguire un corso di studio all’apprendere pratiche professionali, dallo sviluppare capacità artistiche ed espressive ad apprendere modalità di espressione e di rapporto con gli altri. Tutte queste attività, che dovrebbero essere il compito principale della struttura di detenzione e quindi della Amministrazione Penitenziaria, nell’80% dei casi sono invece svolte da associazioni di volontariato e solo per il 20% dallo Stato.
Tornando alla casa Circondariale di Ivrea, che non brilla per iniziative di reinserimento, resta da capire il perché della creazione di nuovi ostacoli alle poche attività in corso imponendo nuove formalità e addirittura bloccandole. Col risultato di lasciare le persone detenute a girovagare tra cella e corridoio in un ozio desolante.
Sapendo che in tutti gli anni di attività non si sono mai verificati problemi di alcun tipo, né di deontologia giornalistica né di “privacy” (parolina troppo spesso usata per ordinare il silenzio).
Coincidenza vuole che proprio nei giorni scorsi, 9 e 10 marzo, ad Ivrea si sia svolto un importante appuntamento con giuristi, associazioni, operatori, esponenti politici, sul tema della situazione del carcere in Italia, organizzato da Officine Terzo settore e Antigone, con la presenza, tra gli altri di Ilaria Cucchi, oggi senatrice, e dell’avvocato Fabio Anselmo, che ha seguito tutte le fasi del processo Cucchi.
Venerdì 10 marzo proprio la senatrice Cucchi ha visitato la Casa Circondariale di Ivrea entrando anche nelle varie sezioni. All’uscita le sue dichiarazioni sono state molto dure verso la situazione strutturale (fogne, acqua calda, assistenza medica, assenza di telecamere) e trattamentale, citando, a quest’ultimo proposito, proprio l’incomprensibile sospensione della redazione interna al carcere della Fenice (rilievo ripreso poi anche nel corso dell’intervista al TG Regionale del giorno stesso).
«Con tutte le mancanze presenti nella struttura di Ivrea la Direzione trova il tempo di impedire la attività della redazione e quindi la voce dei detenuti.»
Nel frattempo il giornale L’Alba ha ricevuto l’autorizzazione a stampare il prossimo numero, già pronto per la tipografia.
Resta invece al momento senza risposta la richiesta di poter riprendere l’attività della redazione dell’inserto “La Fenice”, anche perché la documentazione richiesta dalla nuova Direttrice è comunque stata presentata dalla redazione di varieventuali.
Il sospetto che si voglia entrare nel merito degli articoli pubblicati e che questi non siano “graditi”, viene spontaneo, anche se alcun rilievo è stato mai avanzato in questo senso.
E sarebbe esiziale per la sopravvivenza stessa della redazione, perché sarebbe cancellata l’autonoma espressione di chi scrive e perderebbe perciò senso l’attività della redazione interna al carcere.
Attività che si è svolta senza alcun problema in questi cinque anni e che viene regolarmente filtrata dal controllo responsabile dei redattori esterni.
Sembra una piccola questione, ma una piccola isola di libertà, per chi non ne ha altre, significa molto. E conforta che la senatrice Cucchi e l’avvocato Anselmo, insieme ai nostri lettori e a tanti altri che hanno attivamente partecipato alla due giorni sul carcere, lo abbiano ben chiaro.
Francesco Curzio