Spettacolo teatrale di e con Alessandro Albertin al Liceo Gramsci
Nell’auditorium della mia scuola, il Liceo A. Gramsci di Ivrea, si è celebrata la Giornata dei giusti. Con la sua introduzione Liliane Barda, presidente del Forum democratico eporediese, ci ha spiegato che il prossimo 6 marzo è “la ricorrenza istituita nel 2012 dal Parlamento europeo per onorare e promuovere l’esempio di persone particolarmente coraggiose e generose”, che hanno compiuto azioni in condizioni gravi, di guerra, di genocidio, di crimini contro l’umanità, rischiando la vita; proprio per loro è stato fondato a Gerusalemme 70 anni fa il Memoriale della Shoah Yad Vashem, che oggi celebra oltre 27.000 “Giusti tra le Nazioni”, titolo conferito ai non ebrei che durante la Shoah, disinteressatamente e a loro rischio e pericolo, salvarono la vita agli ebrei.
Il rappresentante della Comunità ebraica di Ivrea, Guido Rietti, ha precisato che “già nei testi della religione ebraica c’è la menzione dei “36 Giusti”, o 36 Zaddikim, uomini sempre presenti in ogni generazione ma nascosti tra le genti, e dalla cui condotta dipende il destino dell’umanità”; presso lo Yad Vashem, il Memoriale ai 6 milioni di vittime della Shoah di cui ha parlato Liliane, è stato creato un “Giardino dei Giusti”, dove ogni albero ricorda chi ha salvato almeno un ebreo dalla persecuzione nazista.
A idearlo è stato Moshe Bejski, un uomo che ha saputo trasformare il suo destino personale in un esempio universale: scampato allo sterminio, è diventato non un cacciatore di nazisti, bensì un cacciatore di Giusti, le cui tante storie hanno contribuito a sfatare il mito che l’opposizione al nazismo fosse un’impresa quasi impossibile.
C’è anche uno speciale legame tra Bejski e l’Italia, perché l’ultimo italiano di cui si è occupato, come Presidente della Commissione dei Giusti a Yad Vashem, è proprio Perlasca, un caso assolutamente eccezionale che, insieme ai tanti altri, esprime il valore straordinario della “memoria del bene”. A Gabriella Colosso, rappresentante dell’ANPI di Ivrea e basso Canavese, è spettato infine il compito di ricordarci l’importanza di non essere indifferenti, di avere il coraggio di parteggiare per la giustizia, come fecero i protagonisti della Resistenza italiana contro il nazifascismo.
Per celebrare questa importante giornata, con tutti i presenti ho avuto poi il piacere di assistere a uno degli spettacoli più belli e intensi che la mia scuola abbia proposto nel corso del mio quinquennio: “Il coraggio di dire no!”, interpretato da un attore di una bravura pazzesca, Alessandro Albertin.
Lo spettacolo racconta di uno dei personaggi più importanti – ma forse meno conosciuti – che abbiano segnato la nostra storia, appunto Giorgio Perlasca, un commerciante di carne che, sebbene fascista, viene accusato dai nazisti (le SS) di stanza a Budapest di non aderire alla Repubblica di Salò e per questo rischia di pagarla cara. Infatti, in una delle primissime scene dello spettacolo, l’attore ci ha mostrato un documento che Perlasca custodiva: nella tasca della giacca aveva una lettera firmata dal generale spagnolo Francisco Franco, che lo invitava a presentarsi all’ambasciata spagnola in caso di pericolo.
Da lì a poco Perlasca sarebbe diventato ufficialmente Jorge Perlasca, con l’obiettivo di salvare quanti più ebrei possibile dalla deportazione. Grazie alle sue doti straordinarie e al suo coraggio, Perlasca riesce davvero ad evitare la morte di moltissimi ebrei nel giro di pochissimo tempo. Quando la guerra finisce e torna in Italia, non racconta a nessuno la sua storia; ma un giorno, molti anni dopo, viene rintracciato da una coppia di ungheresi che lo ringraziano per aver salvato loro la vita con le sue Lettere di Protezione: solo allora la sua incredibile storia viene a galla.
Ecco perché oggi Giorgio Perlasca viene ricordato come un “Giusto tra le Nazioni”, come è scritto nel giardino di Gerusalemme.
Personalmente, quando sono arrivata in auditorium, non avrei mai immaginato che una volta uscita di lì mi sarei portata a casa un’emozione così forte e permanente da questo spettacolo. Non ho le giuste parole per descrivere i sentimenti che ho provato assistendovi, posso dire con certezza che mi è piaciuto moltissimo, da tutti i punti di vista.
In questo genere di spettacoli, non è per niente semplice riuscire a tenere la concentrazione del pubblico per così tanto tempo, soprattutto con questo tipo di tematiche che già di per sé sono molto intense da trattare. Invece questo è stato possibile grazie all’attore, che è riuscito a immedesimarsi perfettamente nel personaggio interpretato, portandomi direttamente nella storia, come se fossi stata anch’io lì e stessi assistendo di persona a tutto quello che stava accadendo.
Un apprezzamento più che positivo, oltre che alla bravura immensa dell’attore, va fatto alla scelta delle luci che sottolineavano efficacemente di scena in scena i momenti salienti, e alle musiche, specialmente quella della scena iniziale: il famoso valzer viennese, che tra l’altro è una delle mie colonne sonore preferite.
Quello che poi ha reso perfetta la riuscita di questo spettacolo, secondo me, è stata la scelta teatrale del monologo: essendoci un solo attore sul palco a interpretare i diversi personaggi, la vicenda è emersa più chiara e avvincente; al contrario, se ci fossero state più persone ci sarebbe forse stata tanta confusione, e il messaggio non sarebbe arrivato così esplicitamente: in questo modo invece, secondo me, è riuscito a entrare nei cuori degli spettatori, l’unico posto dal quale non potrà mai uscire. Grazie Alessandro!
Martina Serra, 5E