Crisi Ucraina: l’ultimo rapporto del think tank legato al Pentagono
Luca Celada – Il Manifesto – 03.02.2023
La guerra non può essere vinta e se dura è dannosa per Washington e i suoi alleati. Serve trovare compromessi, come per la Crimea, per minimizzare i rischi.
Un rapporto appena pubblicato dalla Rand Corporation conclude che la guerra in Ucraina non può essere vinta e considera che la fine del conflitto sia nel miglior interesse degli Stati Uniti. Il rapporto del think tank valuta il protrarsi della guerra come dannoso per gli Usa ed i suoi alleati, mentre l’indebolimento della Russia è già stato sufficientemente ottenuto.
GLI AUTORI DEL RAPPORTO, titolato “Evitare la guerra lunga: policy americana e la traiettoria del conflitto russo-ucraino”, considerano “altamente improbabile” lo “scenario ottimista di una Russia castigata ed espulsa dal territorio ucraino che rinunci a future rivendicazioni e possa addirittura risarcire i danni.
Di contro il report elenca una serie di interessi prioritari americani che rendono la cessazione delle ostilità l’opzione più ragionevole per l’amministrazione Biden. Fra queste evitare un conflitto nucleare (negli anni della guerra fredda la Rand fu un importante centro di studi sulla deterrenza nucleare e formulò la dottrina della distruzione reciproca assicurata), il contenimento dei costi energetici e dei loro effetti (stima potenziali 150.000 morti in eccesso in Europa questo inverno) ed evitare di rinsaldare i rapporti fra Russia e Cina.
IL RAPPORTO SOTTOLINEA che la mobilitazione attuata da Putin e la risolutezza russa hanno permesso alle forze di occupazione di riprendersi dallo sbando e neutralizzare le conquiste della controffensiva di Kharkiv. L’escalation dei bombardamenti e le operazioni terra fanno presuppore, scrivono gli analisti Rand, nella miglior delle ipotesi uno stallo prolungato.
Se le forniture occidentali di armi rendono improbabile uno sfondamento russo, il potenziale militare della superpotenza di Putin rendono altrettanto inplausibile la capacità ucraina di espellere l’invasore dal territorio nazionale. Per di più, pur riconoscendo agli Ucraini il diritto morale di difesa il rapporto nota spassionatamente che sul rispristino dei confini a quelli pre-febbraio 2022 o addirittura pre-2014, gli interessi americani ed ucraini non necessariamente coincidono. Gli autori affermano anzi che tentare di riconquistare la Crimea avrebbe “l’effetto di prolungare il conflitto e dunque aumentarne proporzionalmente i rischi”.
IL PRAGMATISMO DELLE valutazioni è sorprendente. Sia per il fatto che la Rand elaborò per il 2019-2012 una «strategia di lungo periodo» proprio per la crisi Ucraina, fatta di sanzioni alla Russia da colpire nei suoi punti “vulnerabili”, di proteste, di aiuti “letali” a Kiev, di protagonismo della Nato; sia perché in controtendenza ora rispetto alla linea ufficiale della Casa Bianca, avendo l’autorevolezza di un istituto direttamente finanziato dal Pentagono.
Nello specifico la Rand è nota, oltre per il peso nel formulare policy militare, anche per un passato di controversi rapporti che hanno inciso sulla politica nazionale. Nel 1971 uno di questi, le Pentagon Papers che ripercorreva la storia dell’escalation americana in Vietnam (e concludeva che la guerra non era vincibile per gli Stati uniti) venne reso pubblico dall’analista dissidente Daniel Ellsberg e pubblicato dal New York Times. Due anni dopo venivano firmati gli accordi di pace di Parigi.
L’ATTUALE RAPPORTO è l’ultimo indizio di una crescente tendenza “possibilista” all’interno dell’apparato bellico americano. A dicembre aveva cominciato l’ex capo di stato maggiore ammiraglio Michael Glen Mullen affermando in un intervista alla Abc che sarebbe stato opportuno «fare tutto il possibile per arrivare ad un tavolo di trattativa»”. Il 21 gennaio era stato l’attuale capo di stato maggiore, generale Mark Milley a ribadire che “l’espulsione delle forze russe da ogni metro di Ucraina occupata sarebbe stata molto difficile”.
Inoltre vi sarebbe crescente preoccupazione fra gli alti gradi sui rischi sempre più credibili di una guerra che non accenna a finire. Un precedente rapporto Rand, ad esempio, pubblicato a dicembre, intitolato Responding to a Russian Attack on Nato During the Ukraine War, prendeva in dettagliato esame modalità e conseguenze di quattro plausibili scenari di espansione del conflitto a paesi Nato.
SI PROFILEREBBERO insomma alcune crepe nella linea Biden caratterizzata finora dall’incapacità di formulare alternative all’escalation militare. Dopo la sofferta vicenda delle forniture di carri armati, fra poco dovrebbe venire approvato un nuovo pacchetto da 2 miliardi di dollari (supplemento ai 45 miliardi stanziati dal Congresso a dicembre) che potrebbe comprendere missili media gittata fino a 150 km (a portata di depositi russi in Crimea). Zelesnky sta già pensando ad aerei militari come un prossimo passo. Ma a questo riguardo le voci dicono che l’incontro avvenuto il 18 gennaio a Kiev fra Zelesnky ed il capo della Cia William Burns, potrebbe aver avuto proprio l’obbiettivo di ridimensionare le aspettative del presidente Ucraino.
AD OTTOBRE UN’INIZIATIVA di democratici progressisti a favore dell’apertura di un fronte diplomatico aveva suscitato una scomposta reazione contraria e si era conclusa con un poco dignitoso “ritiro” della petizione. L’opposizione di destra si allinea a posizioni isolazioniste, più che altro interessate al posizionamento pre-elettorale (il contributo di Trump al dibatto è stato di affermare questa settimana che lui in 24 ore “sistemerebbe tutto”.)
IL RAPPORTO RAND invece ipotizza un ruolo americano per favorire la realizzazione da parte di entrambi i belligeranti che non esistono prospettive di vittoria ed individua specificamente nelle forniture «a fondo perduto» un elemento contribuente all’eccessivo ottimismo ucraino sulle prospettive militari e quindi causa del proseguimento delle ostilità. In alternativa individua potenziali strategie americane di uscita, ipotizzando, se non la cessazione degli aiuti, di porre l’inizio di una trattativa come condizione a futura assistenza.
Il rapporto menziona l’assicurazione di una futura neutralità ucraina e un piano per l’abolizione delle sanzioni come potenziali incentivi da offrire ai Russi.
IN CONCLUSIONE, il documento invita a trarre utili lezioni da futili escalation in “guerre perse” del passato: Vietnam, Iraq e Afghanistan, ed a contemplare compromessi – col riferimento esplicito all’abbandono della rivendicazione sulla Crimea – per minimizzare i rischi. Esclusa per entrambe le parti la prospettiva di una “vittoria assoluta”, la Rand esamina gli esiti possibili di un potenziale negoziato, individuando in un armistizio “in stile coreano” il più promettente in quanto permetterebbe di cessare le ostilità senza dover necessariamente risolvere ogni questione sottostante, comprese quelle territoriali.
In questo scenario, afferma, gli Usa potrebbero in una seconda fase continuare a garantire la sicurezza ucraina dopo la guerra “come ha già dimostrato di saper fare con Israele”.