La decisione dell’Inps di internalizzare il servizio di call center era stata accolta positivamente dalle parti sociali e con grande soddisfazione dal governo Conte che avviò il percorso. Ma fin dall’inizio c’erano delle falle nell’accordo, prima fra tutte il mancato ricorso alla clausola sociale. E oggi quelle falle imbarcano acqua: cassa integrazione in Comdata per sette mesi dal 1 dicembre. E la sede di Ivrea è fra le più colpite.
Il rientro in Inps del servizio di assistenza telefonica fornito da Comdata e Network Contact è stato un percorso lungo e travagliato, soprattutto per le lavoratrici e i lavoratori che hanno vissuto mesi di ansia e preoccupazione, perché i dettagli del passaggio non sono stati subito chiari, e ancora oggi molti sono i punti ancora in discussione. Solo su un punto Inps è stata sempre chiarissima: niente clausola sociale. (Eppure la legge lo prevederebbe e l’Inps è un ente pubblico.) Di conseguenza chi lavorava per Inps in Comdata e NC non ha avuto la certezza di passare in Inps, che poi non è Inps, ma Inps Servizi società separata, più “agile” da muovere e gestire. Ma allora come ha scelto Inps le persone da assumere nella nuova azienda? Attraverso un bando di selezione pubblico al quale i lavoratori sono stati invitati a partecipare entro una certa data, senza ancora sapere quali fossero le condizioni di lavoro. La maggior parte degli impiegati sulla commessa Inps ha partecipato, ma molti non l’hanno fatto, anche solo perché non si sapeva quale sarebbe stata la sede di lavoro e questo può essere un problema, soprattutto per le donne che tipicamente hanno a loro carico oltre al lavoro fuori casa, la cura della famiglia. Altri hanno partecipato “al buio” e poi, pur selezionati, hanno rinunciato.
1 dicembre 2022 una data dolce-amara
Alla fine il percorso è giunto al termine e il 30 novembre 2022 si è conclusa la procedura di assunzione da parte di INPS Servizi dei lavoratori provenienti dalla commessa INPS che hanno partecipato al bando di selezione pubblica. Dal 1 dicembre sono quindi partite le attività in Inps Servizi con i 3014 vincitori del bando e contestualmente è partita la cassa integrazione in Comdata (Network Contact ha annunciato di rinunciare alla cassa, perché in grado di riassorbire i 12 lavoratori rimasti fuori da Inps Servizi). Difficile definire un successo una operazione che lascia per strada 130 lavoratrici e lavoratori perché l’ente pubblico ha deciso di riprendersi il lavoro senza applicare la clausola sociale.
«Come noto il rifiuto, da parte di INPS, di applicare la clausola sociale – applicazione che avrebbe garantito un passaggio “lineare” delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso il riconoscimento delle medesime condizioni retributive e normative delle aziende di appartenenza (Comdata e Network Contacts) – ha generato pesanti incertezze durante il percorso a danno delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti – denunciano le categorie delle telecomunicazioni di Cgil, Cisl e Uil insieme alle Rsu Comdata nel loro comunicato del 2 dicembre scorso – Le lavoratrici ed i lavoratori passati in INPS Servizi pur avendo mantenuto il livello di inquadramento e il profilo orario contrattuale hanno perso le tutele previste dall’articolo 18 [essendo di fatto dei neoassunti, ndr], gli scatti di anzianità maturati e il resto degli elementi derivanti da contrattazione collettiva e/o armonizzazioni. Da questo punto di visto continuiamo a ritenere indispensabile un tavolo di confronto con Inps Servizi al fine di approfondire questa condizione ed eventualmente concordare un percorso di recupero di quanto perso.»
La cassa integrazione senza solidarietà
Il 5 dicembre al Ministero del lavoro sono stati definiti i numeri e le percentuali di cassa integrazione. In totale sono 130 le lavoratrici e i lavoratori che Comdata dichiara impegnati sull’ex commessa Inps rimasti in azienda e per questi ha chiesto la cassa. Ivrea è la sede più colpita: sono infatti 70 i lavoratori di Ivrea che verranno posti in cassa integrazione al 75%, 2 a Olbia (20%), 2 a Lecce (20%), 22 a L’Aquila (70), 14 a Marcianise (60%), 9 a Roma (50%), 11 a Rende (50%).
Nonostante i sindacati abbiano sottolineato che nella sede di Ivrea diversi lavoratori della commessa INPS non erano prevalentemente adibiti a quella commessa e che alcuni di loro hanno fino a pochi giorni prima lavorato su altre commesse e sporadicamente operato su Inps, questi sono stati inclusi fra gli “esuberi“. Sì, perché questo è il termine giusto. Anche se né l’azienda né alcune parti sindacali voglio sentir parlare di esuberi. Però accettando un perimetro per la cassa, di fatto si crea un bacino di esuberi strutturale. E lo conferma anche la posizione dell’azienda che ha sottolineato di “non poter procedere con l’estensione dell’ammortizzatore su tutto il territorio italiano”, formula che avrebbe permesso la rotazione della cassa per non colpire solo una parte di lavoratori (incolpevoli…) e di attuare la solidarietà fra gli stessi.
A Ivrea ad esempio
La commessa Inps sul sito di Ivrea è stata attivata per gestire picchi di lavoro legati alla fase pandemica, senza possibilità dei lavoratori di opporsi. A inizio 2021 i lavoratori di Ivrea che operavano sulla commessa sono stati formati e impiegati anche su altre attività per saturare il loro orario. «Non trova quindi applicazione sul sito eporediese – denunciano i sindacati – quanto indicato nella richiesta di cassa da parte di Comdata circa il personale “dedicato esclusivamente al servizio di Contact Center Inps”. Considerando che la lavorazione di tali attività esterne è proseguita fino a novembre 2022 riteniamo scorretta e strumentale la sospensione a partire dal 1 dicembre 2022. L’uscita di Inps per questi lavoratori non ha comportato la perdita della loro attività prevalente. Chiediamo quindi che l’azienda faccia un passo indietro, rimettendo immediatamente in servizio i lavoratori che non devono pagare, come avviene da anni, il peso di ammortizzatori sociali e quindi decurtazioni del loro salario. Chiediamo inoltre – continua la nota sindacale – una seria discussione, anche a livello territoriale, sui percorsi di una piena ricollocazione per la totalità delle ore lavorabili di tutti i lavoratori di Ivrea. L’arrivo di nuove attività, come ad esempio l’incremento di volumi di quelle legate al comparto energetico deve, a nostro avviso, andare a saturare le ore lavorabili e ridurre l’effetto di qualsiasi ammortizzatore sociale.»
Ma l’azienda – è facile immaginarlo – farà spallucce, abituata com’è a muoversi praticamente senza ostacoli seguendo le sue logiche. D’altronde la mobilitazione è a zero, certo è difficile nel settore dei call center organizzare la mobilitazione di lavoratori chiusi in box virtuali, isolati dalle cuffie, pressati dai ritmi imposti dai committenti sui tempi di risposta, con pause cronometrate, divisi in enne turni e dalla pandemia in buona parte lavorandi da casa. E’ difficile sì, ma almeno provarci da un lato e pretenderlo dall’altro sarebbe d’obbligo.
Anche perché i comportamenti antisindacali contro i quali chiamare i lavoratori a mobilitarsi ci sono, li leggiamo ben chiari anche nei comunicati delle Rsu: «Da una parte chiede [Comdata, ndr] al Ministero l’avvio della C.I.G.S. adducendo la mancanza di lavoro e dall’altra invita i colleghi di Iliad a fare straordinario con bonus e a togliersi festività e ferie. Riteniamo come Rsu, oltraggioso e poco lungimirante la direzione che Comdata sta prendendo. Reputiamo che la tenuta del sito passi anche attraverso la solidarietà: Se il lavoro c’è, anche per brevi periodi, deve essere gestito da chi, in questo momento, ne è privo.» (comunicato delle Rsu di Ivrea del 5 dicembre us).
Cadigia Perini