Con grande piacere abbiamo ricevuto una lettera per noi importante da una persona che ha incontrato varieventuali e il suo supplemento La Fenice – Il giornale dal carcere di Ivrea sulla rete e ci ha voluto raccontare la sua storia e il suo ricordo di Ivrea.
E’ una storia particolare, sintomatica del malessere della giustizia in Italia, che non risolve certo con referendum parziali, ma anche della grande voglia di partecipare, voglia di contare, di essere considerati, storia di resistenza, desideri che dovrebbero essere propri e realizzabili per ogni essere umano.
L’emozione della prima volta a 92 anni
Sergio Dall’Osto di Schio, Vicenza, rapinatore a 17 anni, organizzatore nelle carceri piemontesi della prima scuola in Italia di elettrotecnica industriale, graziato per meriti speciali dal Presidente della Repubblica. Tutta la vita ha sofferto l’esclusione dal voto e ha cercato di ottenere la riabilitazione.
Ha dovuto aspettare il 2021 per vedersi togliere la pena accessoria dell’interdizione. Voterà per la prima volta il prossimo 12 giugno, alla soglia dei 92 anni di età.[1]
La sua lettera a varieventuali
Trovare in rete qualche pagina di informazione come si deve è una mitragliata di gioia per chi non è nato ad Ivrea, ma a Ivrea, alle rossi torri, è rinato.
Sarebbe troppo lungo, difficile e forse impossibile descrivere ricordi, memorie, emozioni di quei tempi …
In quel periodo, era il 1960, ero in trasferta alla Chatillon, è morto Adriano … Ivrea si è fermata .. pochi l’avevano votato, troppi l’avevano magari snobbato, ma in quel momento tutti soffrivano e sentivano che Ivrea, e non solo Ivrea, perdeva un tesoro umano di grande statura.
Ma ormai il terreno era fertile e Perego, Avalle, Don Adamini, il Vescovo Albino Mensa, Alberton e una schiera di intellettuali e di brave persone avevano la strada aperta verso un mondo più giusto.
Io vivevo, comunque, in un altro mondo: rapine, soldi falsi, furti, e bravate del genere mi hanno portato al Castello di Ivrea[2]. Il lavoro serviva a coprire, per quanto possibile, una vita disordinata e sprecata di un quarantenne ormai perso.
Ma a Ivrea, da Via Ravaschietto, stava per nascere una nuova esperienza: non più carcere, ma carcere-scuola, anzi, meglio ancora, scuola-carcere.
La conoscenza e la passione per l’elettrotecnica furono la mia salvezza.
E qui fermo il racconto … mi accontento di “taglia e incolla”.
Spero sia sufficiente per far capire il trambusto di sentimenti che io, a 92 anni, provo ancora ricordando tempi entusiasmanti in cui un carcerato con tanti anni da scontare, si sentiva libero, utile, sereno e in amicizia con il mondo intero.
Chiudo sperando che Ivrea si ricordi quanto e come ricordo io …
Andrò convintamente a votare nel massimo della buona fede, dedicando il mio voto al vecchio, ma sempre vivo Adriano, alla bella Ivrea, a Dino Perego, a Vico Avalle, a Don Egidio Adamini, al Vescovo Albino Mensa, agli uomini di allora e a tutti quelli, spero molti, che tentano con tanta difficoltà a migliorare un mondo che troppe volte delude e demoralizza.
Ciao Ivrea!
Sergio Dall’Osto
Grazie Sergio per seguirci e averci scritto la tua storia. Buon voto!
Le redazioni di varieventuali e della La Fenice
[1] Da “Diritti al voto”: la campagna di Antigone e dei Garanti territoriali su antigone.it
[2] Il castello di Ivrea, dalle rosse torri, venne adibito a carcere a partire dal 1700 fino al 1970