L’intervento di Cadigia Perini, Anpi Ivrea e Basso Canavese, a Lace per il 25 aprile
A 77 anni dall’eccidio dei partigiani che ricordiamo qui a Lace, e dalla Liberazione dal nazifascismo, oggi seminare e coltivare la memoria è ancora un compito imprescindibile, quanto mai necessario e sempre più complicato, perché tante sono le forze avverse che quella storia di resistenza e quell’idea di società che guidava i nostri partigiani e partigiane vorrebbero riscrivere e negare.
Il nostro 25 aprile oggi è infatti una giornata ben lontana dalla festosa sfilata dei partigiani del 1945.
La pandemia prima e la guerra in Ucraina oggi, solo l’ultima di una lunga serie, pesano sul nostro umore e sulle nostre speranze.
Sono avvenimenti che ci impongono di ripensare al modello di società che abbiamo lasciato costruire. Un modello economico e sociale che privilegia il profitto di pochi a discapito del benessere di tanti. Un modello e sistema socio-economico ancora fortemente patriarcale, del forte che mangia il debole, e anche un modello bellicoso.
La memoria della Resistenza partigiana ci costringe quindi oggi ad un sincero esame di coscienza.
Possiamo dire di aver raccolto degnamente l’eredità ideale dei nostri partigiani e delle nostre partigiane e delle madri e dei padri costituenti?
Non si può rispondere a cuor leggero.
Il cuore oggi è pesante.
Una cosa possiamo però affermarla con certezza: la nostra Associazione, l’Anpi, è oggi ancora un solido presidio di democrazia e di resistenza per tutto il paese. Un punto fermo, un riferimento per tutte le antifasciste e gli antifascisti. Un bene comune da curare.
Per questo è insopportabile ascoltare le violente critiche contro l’Anpi a causa della sua strenua difesa della nostra Costituzione, del suo far sentire forte la sua voce ogni volta che la Costituzione viene calpestata e deformata.
L’ultimo bieco attacco perché l’Anpi, dopo aver condannato la guerra di invasione, chiede Pace e che lavorino le diplomazie invece di favorire l’escalation militare. La si attacca perché difende l’articolo 11 che nel suo primo paragrafo afferma senza incertezze che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Ma il mondo non andrebbe al rovescio se gli eredi della memoria e dei valori partigiani non difendessero quell’articolo?
Dimenticando che esso è lì perché le madri e i padri costituenti la guerra l’avevano provata. E’ con quell’articolo volevano esprimere la volontà di non vedersi mai più costretti a ripetere le tragedie del passato. Volevano voltare pagina, e non dover più scrivere le pagine drammatiche di una guerra.
E dimenticando che le nostre partigiane e partigiani hanno lottato sì per la libertà, per la giustizia sociale, ma anche per la pace, perché le popolazioni non dovessero più vivere il dramma della guerra.
Ma l’intento delle donne e degli uomini che hanno lavorato insieme, pur nella diversa militanza politica, alla costruzione della nostra Costituzione, non è solo tradito e la nostra democrazia non è minata solo dalle armi che costruiamo e mandiamo nei teatri di guerra, ma è in pericolo anche perché una grave crisi sociale ed economica limita la libertà delle cittadine e dei cittadini, perché lo sfruttamento del lavoro umilia uomini e donne, perché il consumo del pianeta e l’alterazione del clima oscura il futuro dei giovani.
Le nostre partigiane e i nostri partigiani, resistenti e ribelli, sognavano un’Italia e un’Europa luminose, libere, giuste, in pace.
E per queste idee non hanno esitato a mettere a rischio la propria vita e a perderla in migliaia, come pure fece tantissima parte della popolazione civile per proteggerli.
Il paese che vediamo oggi non è degno di quei sacrifici.
I gruppi palesemente nazi-fascisti sono liberi di agire nel paese, nessuno scioglimento è in vista. Si presentano alle elezioni democratiche. Lo sappiamo, il regime fascista è stato sconfitto con la resistenza, ma non lo è stato culturalmente e storicamente.
La giustizia sociale non è una priorità, al contrario viene erosa continuamente, come non lo è il diritto universale e gratuito alla salute. Il lavoro è precario per un’ampia parte di lavoratori, le donne per prime, gli investimenti per la sanità pubblica, la scuola pubblica, la protezione del territorio, vengono dietro, molto indietro, a quelli per le armi.
I partigiani qui presenti, Tranquillo e Gino, come devono sentirsi? I nostri partigiani e le nostre partigiane che sono morti per la libertà e la pace se potessero essere qui con noi oggi non potrebbero credere che il paese che hanno contribuito a liberare dalla dittatura e dalla guerra, stanzia oggi quasi 70 milioni di euro al giorno per il settore militare con la prospettiva di arrivare a 104 milioni, con decisione quasi unanime e trasversale del Parlamento.
Hanno lottato, hanno dato la vita, per la pace e la libertà. È questo il paese che sognavano? Questo il loro progetto di società?
No, non credo.
Noi non siamo stati attenti, quanto meno, se non consenzienti, non abbiamo usato le nostre menti e i nostri corpi per difendere la Costituzione nata dalla Resistenza. Eppure dovevamo semplicemente chiederne l’applicazione e proteggerla dagli sfregi, ahinoi diversi già assestati, come la modifica del Titolo v e il taglio drastico della rappresentanza parlamentare.
Non chiediamo il rispetto dell’articolo 3 che raccomanda alla repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini.
Né dell’articolo 4 che raccomanda di riconoscere a tutti i cittadini il diritto al lavoro.
Né dell’articolo 9 che raccomanda invece alla Repubblica di promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica. Di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico e anche l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, nell’interesse delle future generazioni. E anche forme di tutela degli animali.
Né l’articolo 10 che pensa ai fratelli e le sorelle di altri paesi come parte della stessa umanità e raccomanda che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, abbia diritto d’asilo nel territorio della repubblica.
Né quell’articolo 41 che arriva a dire che l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”
Che splendido progetto di società avevano in mente le madri e i padri costituenti! E hanno lavorato a lungo per dare al nostro paese gli strumenti per essere giusto e libero.
Avevano ben colto, loro, l’ideale di Repubblica democratica anelato dalla lotta partigiana.
Noi no. Noi. No.
Ma non è mai troppo tardi, diceva il maestro Manzi …, possiamo ancora scuoterci, resistere e ribellarci a chi anche molto vicino a noi pensa che quell’idea di paese sia superata o un’utopia. Non credetegli. “Se c’è chi lo afferma non state a sentire, è uno che vuole soltanto tradire” ci raccomandava Paolo Pietrangeli nella sua Contessa.
Voglio chiudere, ringraziando l’Anpi e tutte e tutti voi presenti, con una esortazione della compagna partigiana Lidia Menapace:
«FUORI LA GUERRA DALLA STORIA».
E con le parole di Norberto Bobbio:
«La resistenza è stato un gigantesco fenomeno di disobbedienza civile in nome di ideali superiori come libertà, eguaglianza, giustizia, fratellanza dei popoli. Richiamarsi alla resistenza oggi vuol dire richiamarsi al valore perenne di questi ideali, rispetto ai quali si giudica la vitalità, la nobiltà, la dignità di un popolo».
Ebbene non ci resta che essere disobbedienti, per essere nobili e degni eredi delle nostre partigiane e partigiani!
W IL 25 APRILE!
W LA RESISTENZA!
W L’ANPI!