CRONACHE ELEMENTARI
Quando avevo più di trent’anni e già facevo la maestra, mio nipote Michele, che allora era un bambino, mi avvicinò al magico mondo scolastico di Harry Potter. Divorai letteralmente i primi quattro libri, ma dovetti aspettare l’uscita delle versioni cinematografiche per avere l’onore e l’orrore di conoscere Dolores Umbridge, Inquisitore Supremo di Hogwarts, una donnetta piccola, molto curata, vestita di tweed rosa, sotto il cui “regno” il numero dei decreti didattici aumenterà considerevolmente.
Le regole introdotte dalla Umbridge spaziano dalle punizioni per il possesso di una penna incantata, alla confisca di bacchette usate per incantesimi ricreativi; dall’obbligo del mantenimento di una distanza di 6 pollici tra ragazzi e ragazze, all’espulsione per possesso di dolci forniti da soggetti non autorizzati. L’Alto Inquisitore in gonnella rosa fa incorniciare ed affiggere nell’atrio della scuola i testi dei decreti, in modo che possano essere letti e rispettati da tutti, una versione fanta-moderna del Codice di Hammurabi.
Saranno George e Fred Weasley, i fratelli di Ron, a far esplodere le regole durante gli esami, in una scoppiettante scena piena di fuochi d’artificio in cui volano sulle scope con gli occhi sgranati e i sorrisi degli altri studenti puntati su di loro. “Sai George, ho sempre pensato che il nostro futuro sia ben aldilà del rendimento scolastico” – “Sai Fred, stavo pensando esattamente la stessa cosa”.
Per affiggere le regole che hanno inondato la scuola negli ultimi due anni, alcune stabilite dal Ministero, altre dalla Regione, altre ancora lasciate alla facoltà dei Dirigenti Scolastici, non basterebbero le pareti dell’atrio di Hogwarts.
Eccone un incompleto elenco: occorre indossare la mascherina in aula, i banchi devono essere distanziati, libri e quaderni non possono essere lasciati a scuola (né portati a casa dagli insegnanti per le correzioni), il cortile va diviso in aree in base alla classe di appartenenza, non si possono lavare i denti, né appendere i sacchetti con asciugamano e bicchiere, le giacche non possono essere lasciate fuori dall’aula, no al prestito e allo scambio di oggetti, no ad oggetti portati da casa, no all’ingresso di esperti a scuola, né alle uscite sul territorio e alle gite scolastiche, posti fissi in mensa con distanziamenti, educazione fisica in palestra con esercizi individuali e con distanziamenti, no al canto collettivo in classe…
Ecco, il canto.
Un modo di esprimersi che i bambini adorano. “Betta, possiamo giocare a Sanremo? Per favoreeeeeee….” E così apro un po’ le finestre dell’aula, accendo il computer e la Lim per le basi e la musica, e in un attimo si alternano sul nostro palco immaginario piccoli Blanco, Ditonellapiaga, Rettore, Irama, Dargen D’Amico, ma anche altri che quest’anno non hanno partecipato al Sanremo “dei grandi”.
E subito si propongono improvvisati ed abilissimi presentatori, mentre altri producono origami a forma di fiori da regalare ai cantanti e per la scenografia, e qualcuno scrive coi gessi colorati alla lavagna Sanremo 2022.
E chi non ha visto Sanremo, o non sa le canzoni, o non se la sente di essere protagonista, ride ed applaude e tutti siamo felici, perchè Sanremo è Sanremo e, per fortuna, i bambini sono sempre e ancora bambini.
Betta Dolcemiele – Maestra