Franco Arminio di nuovo ad Ivrea in un dialogo improvvisato tra paesaggio, poesia e eredità olivettiana
Mercoledì 22 febbraio Franco Arminio è tornato ad Ivrea (ci era già stato a maggio 2016) per presentare la sua raccolta di poesie intitolata Cedi la strada agli alberi (edizioni Chiarelettere). La presentazione si è svolta presso la libreria Livrè di Ivrea, organizzata dall’Associazione ViviamoIvrea, che con il poeta-paesologo ha ormai stretto un buon legame di amicizia e collaborazione. E siccome nei giorni seguenti era invitato ad un seminario, tenuto alla facoltà di infermieristica, sul tema malattia e narrazione, il poeta si è poi fermato in città per godersi un po’ di Carnevale.
La presentazione del libro avrebbe voluto essere un dialogo sul paesaggio tra Franco Arminio e Marco Peroni, nella città che fu dell’informatica, ma soprattutto che fu dell’urbanistica di Adriano, ben raccontata dalla guida curata da Marco Peroni di recente pubblicazione (Edizioni di Comunità), ma chi conosce un po’ Arminio sa che fare programmi con lui non è cosa semplice, quindi si è trasformato in un incontro/racconto basato sull’estemporaneità.
A Marco Peroni è toccato fare gli onori di casa attraverso alcuni brani della sua Guida alla Città di Adriano Olivetti, letti in diversi momenti della serata, come contesto nel quale inserire i temi del paesaggio presenti in molte poesie dello scrittore irpino, che da esso (dal suo paesaggio fatto di piccoli paesi in via d’abbandono) trae la maggiore ispirazione. Creato il contenitore, dunque, non restava che lasciare che Franco Arminio lo riempisse, nel modo che gli è più congeniale, cioè parlando col pubblico direttamente e facendosi condurre da ciò che scaturiva dalle risposte dei presenti. In ogni luogo, così facendo, va in scena una presentazione speciale, unica, imprevedibile e irripetibile.
La raccolta di poesie contiene versi scritti in diversi momenti della sua vita, dall’età giovanile fino a tempi recenti, e racconta sia il suo legame con la terra in cui è nato e vive, sia esperienze intime e personali, addirittura legate al mondo dei social media, che usa tantissimo e che, specifica, vede come il nuovo modo di comunicare quanto ieri si poteva trovare solo sulla carta stampata. Infatti, molti dei testi inseriti nella raccolta, erano stati diffusi via Facebook, così come, sempre via Facebook, è arrivata la notorietà della sua battaglia per la salvaguardia delle valli e dei paesi abbandonati nel centro/sud d’Italia.
La serata però è stata un invito a trovarsi insieme, a parlare di più, a concedersi più tempo per prendersi cura gli uni degli altri: praticamente il contrario di quanto avviene coi social media. Una contraddizione? Forse un tentativo di mettere insieme la modernità con certe necessità umane che essa tende a non prendere in considerazione o a voler trasformare in qualcosa di molto difficile da gestire.
L’idea quindi che, certo, un tipo di comunicazione più su larga scale e accessibile a tutti, può essere utile, a patto però che non si abbandonino totalmente le relazioni fatte di sguardi e di presenza fisica. In fondo Franco Arminio è questo: essere ovunque e sempre tra le maglie della rete, ma essere anche presenza e testimonianza nei vari qui ed ora. Una maniera per accogliere la modernità e metterla a servizio, per rafforzare l’umanità, non per sminuirla. Un tema interessante e attuale che Franco Arminio fa passare tra un input e l’altro, tra una lettura, un racconto e l’interazione con chi gli è seduto di fronte, senza mai affrontarlo direttamente a carte scoperte. Bisogna cogliere tra le righe, osservare il suo modo di fare, fermarsi a fare due chiacchiere, andare oltre la superficie di quella spavalda guapperia che lo ricopre. Chissà, magari non ne è neanche così cosciente lui stesso. Forse abbiamo di fronte la prima forma compiuta di poeta e intellettuale ai tempi della rete. Sfuggente e avvolgente allo stesso tempo.
La piemontesitudine dei presenti si fa sentire verso le 19.30, quando inizia il tramestio di sedie scatenato da chi vuole rientrare a casa per cena, ma Franco Arminio riesce in parte ad arginare il fuggi fuggi: “Signora, va già via? Perchè? Dove deve andare? Stia ancora un po’ con noi”, distruggendo definitivamente la famosa parete tra palco e platea. Da quel momento in poi esiste solo il noi e la serata si anima ancor di più fino ad arrivare al canto corale, per poi terminare con un aperitivo informale per chi ha piacere di fermarsi.
Sulle note di Bella Ciao si va tutti a casa e sono le 20.00 passate da un po’. Franco Arminio arriva come la banda che passa: non sai mai cosa suonerà quando ti sarà davanti, e nell’aria diffonde un senso di allegria e calore. Ti aspettiamo ancora. Non c’è due senza tre.
Lisa Gino