Martedì 14 marzo 2017 ore 15.00, 17.10, 19.20, 21.30
Mercoledì 15 marzo 2017 ore 15.30, 18.00
titolo originale Hrútar / regìa Grímur Hákonarson / soggetto e sceneggiatura Grímur Hákonarson / fotografia Sturla Brandth Grøvlen / musica Atli Örvarsson / montaggio Kristján Loðmfjörð / scenografia Bjarni Massi / costumi Ólöf Benediktsdóttir, Margrét Einarsdóttir / interpreti Sigurður Sigurjónsson, Theódór Júlíusson, Charlotte Bøving, Jon Benonysson, Gunnar Jónsson, Porleifur Einarsson, Sveinn Ólafur Gunnarsson, Ingrid Jónsdóttir, Jörundur Ragnarsson, Viktor Már Bjarnason / produzione Netop Films, Profile Pictures / origine Islanda 2015 / distribuzione BIM / durata 1 h e 33’
scheda filmografica 22
I fratelli Gummi e Kiddi vivono in una valle isolata dell’Islanda. Sono due ottimi pastori e allevatori di pecore. Tutti conoscono le loro qualità lavorative, ma nonostante passino la maggior parte del tempo insieme non si parlano da circa quattro decenni. Quando un’infezione colpisce il gregge di Kiddi, minacciando l’intera vallata, i due fratelli dovranno unire le forze per salvare la loro speciale razza ovina – e se stessi – dall’estinzione.
È il tipo di film che si suole definire “da festival”; e, a confermarlo, c’è il premio Un Certain Regard che la giuria presieduta da Isabella Rossellini gli ha attribuito a Cannes. Non poco per un Paese, l’Islanda, che produce una decina scarsa di pellicole l’anno.
(…) Se il soggetto non è dei più originali, quello di Grimur Hákonarson è un film di elegante semplicità, che vela con immagini abbaglianti alcune metafore discrete e tuttavia di respiro universale.
(Roberto Nepoti)
In certi passaggi Rams è quasi comico, di quella comicità un po’ gelida (…) tipica del cinema scandinavo, pensate a Kaurismäki. Ma avanzando verso un finale metaforico (…) si rivela un apologo pieno di temi immensi. In primis è un film sul rapporto fra uomini e animali, sull’amore che può nascere e sulla violenza spesso gratuita che può dividere. A un secondo livello è una riflessione sulla sostenibilità, sul rapporto con la natura, sul cibo e sulle forme di consumo alle quali l’umanità si è abituata (andava proiettato all’Expò!). In più è una fiaba sulla solitudine del maschio adulto, su due uomini senza donne che si sono voluti bene, si odiano e torneranno forse a capirsi. Tutto questo in 90 minuti con molti belati e pochissimi dialoghi. Una visione insolita, da non perdere.
(Alberto Crespi)
Parla il regista
Il film è basato in buona parte sulle mie esperienze con la popolazione e la cultura rurali in Islanda. Entrambi i miei genitori sono cresciuti in campagna e mi ci spedivano tutte le estati, a lavorare, finché non ho compiuto 17 anni. Per questo credo di avere maturato una certa conoscenza delle storie, dei personaggi e della fisionomia di quelle zone. Mio padre lavorava per il Ministero dell’agricoltura e questo mi ha aiutato a capire come funzionava l’amministrazione delle zone agricole e com’è cambiata e si è evoluta nel tempo.
(…) in un certo senso, per molti islandesi le pecore restano sacre: rappresentano l’orgoglio e la tradizione nazionale. Individui come i miei due protagonisti stanno scomparendo e io credo che sia un peccato. Mi piacciono le cose eccentriche, e vorrei che il loro stile di vita continuasse a esistere, anche nel mondo moderno.
(Grímur Hákonarson)