L’annuncio di un nuovo impianto industriale a Scarmagno per produrre batterie scatena sentimenti contrapposti: dall’entusiasmo incondizionato al cauto ottimismo.
La notizia è ormai nota, la Italvolt ha scelto l’area della ex Olivetti di Scarmagno per costruire la prima Gigafactory italiana, un impianto di produzione e stoccaggio di batterie a ioni di litio per il mercato della mobilità elettrica. L’attività di analisi dei siti è durata mesi, le altre regioni in “gara” erano la Calabria e la Campania, grande amarezza in particolare quest’ultima. “Italvolt, va in Piemonte. La Campania perde 19 mila posti di lavoro. 8 mesi di trattative andate in fumo. Vince il nord. Il Mezzogiorno paga il prezzo delle sue inefficienze e dei suoi ritardi.”, si legge sui giornali locali anche con riferimenti alle gravi crisi industriali della Campania a partire dall’ultima ferita della Whirpool di Napoli.
Chi è Italvolt
Italvolt Spa è una newco con sede a Milano fondata da Lars Carlstrom per realizzare “la più grande fabbrica di batterie a ioni di litio in Europa”, la 12a al mondo. Un progetto ambizioso. Oggi Carlstrom è azionista di maggioranza della Britishvolt che nel nord-est dell’Inghilterra, a Blyth sta costruendo, dalla fine dell’anno scorso, ad un’altra Gigafactory, più piccola di quella che dovrebbe essere costruita a Scarmagno, per la quale l’investimento è di circa 3 miliardi di euro, contro i circa 4 valutati per l’impianto italiano.
Il progetto
Il nuovo impianto italiano servirà a soddisfare la crescente domanda di batterie in Europa, destinata ad aumentare a livello globale di 17 volte entro il 2030, come riporta il comunicato Italvolt.
La prima fase del progetto, che prevede un investimento complessivo di circa 4 miliardi di euro, sarà completata entro la primavera 2024. “A marzo dovrebbe iniziare l’ingegnerizzazione che durerà 2-3 mesi, per arrivare allo studio di fattibilità entro settembre o ottobre. Quindi entro fine anno, se tutto va bene, inizieremo a costruire la fabbrica che sarà operativa in 2 anni», afferma Carsltrom in un’intervista.
Boom occupazionale
Il comunicato dell’azienda come pure quello della Regione Piemonte, in trattativa con Carlstrom, insieme ad amministratori locali e associazioni di categoria, da circa otto mesi, dice che in Italvolt verranno impiegati circa 4.000 lavoratori, con un indotto fino a 15.000 nuovi posti di lavoro.
I primi partner italiani
La nuova fabbrica nel sito che fu il principale cuore produttivo Olivetti alle porte di Ivrea, sarà progettata dalla divisione Architettura di Pininfarina, già progettista della fabbrica inglese, “con una forte attenzione all’impatto ambientale e sociale”, garantisce Italvolt. Pininfarina intende “progettare un impianto industriale di nuova generazione, intelligente e responsabile, applicando metodologie costruttive DFMA [Design for Manufacture and Assembly, una metodologia particolarmente efficace nell’ottica dell’ottimizzazione delle risorse, ndr ] e aprendo l’edificio al suo contesto, al fine di integrarlo nelle dinamiche economiche e sociali del territorio.”
Altro partner italiano, anzi piemontese, è Comau del gruppo Stellantis, leader mondiale nel campo dell’automazione industriale. Comau sarà il fornitore di impianti e tecnologie e si occuperà della realizzazione del laboratorio di Ricerca e Sviluppo che affiancherà la Gigafactory.
Da dove arriveranno i soldi?
Chi finanzierà l’impresa? Carlstrom ha dichiarato che ad oggi ha già investito 5 milioni di euro. Cederà inoltre le sue quote in Britishvolt, con il ricavato dalla vendita Carlstrom afferma di avere fondi per almeno 5-6 mesi, ma è tranquillo sulla possibilità di raccogliere altra liquidità perché gli investimenti sulla mobilità “green” sono in forte crescita. Carlstrom conta quindi di poter avviare una raccolta di fondi attraverso emissioni di debito. Subito attraverso finanziatori degli Emirati Arabi e della Svezia, a luglio con la quotazione in Borsa.
Le prime reazioni
La notizia (praticamente il comunicato stampa dell’azienda) trova ampio spazio su tutti i media generalisti nazionali e locali, oltre che sui giornali finanziari e la stampa del settore automobilistico.
Grande entusiasmo senza riserve in Regione Piemonte: «tra gli obiettivi principali, fin dal primo giorno del mio insediamento, c’era che il Piemonte tornasse ad essere attrattivo per le nuove imprese soprattutto nei settori storicamente strategici come l’auto e l’innovazione tecnologica ed energetica legata all’automotive. Iniziamo a raccogliere i primi frutti, andando anche a recuperare un’area abbandonata da decenni e che, invece, tornerà a essere fonte di ricchezza e posti di lavoro», dichiara il presidente Cirio. Mentre l’assessore alle attività produttive Andrea Tronzano afferma: «il lavoro svolto fin dallo scorso mese di settembre ha dato i frutti sperati (…) è stata un’operazione di squadra che ha visto coinvolti gli amministratori locali, i corpi intermedi e naturalmente coloro che hanno scelto di investire in questa parte del Piemonte. Ci tengo a sottolineare che questo è il sistema Piemonte che può crescere e ha un futuro. Quello inclusivo e accogliente, che abbiamo visto realizzato anche su altri progetti come MTCC e la Città dell’Aerospazio. Senza questo tipo di approccio non si riescono a creare le condizioni ideali che abbiamo visto qui realizzate con l’operazione Italvolt».
E naturalmente solo parole positive anche da Patrizia Paglia, presidente di Confindustria Canavese: «Abbiamo appreso con grande piacere la notizia dell’insediamento della fabbrica di batterie Italvolt nell’area di Scarmagno. Questa operazione di recupero di un’area industriale dismessa costituirebbe una eccezionale risorsa per lo sviluppo economico e occupazionale del nostro territorio (…) Da parte di Confindustria Canavese e della rete imprenditoriale che essa rappresenta vi è pieno sostegno all’iniziativa e il nostro auspicio è che questo progetto possa diventare presto una concreta realtà». E da Giorgio Marsiaj, presidente dell’Unione Industriale di Torino: «Siamo molto orgogliosi che le nostre imprese e il nostro territorio possano essere coinvolti in un progetto che si annuncia come estremamente ambizioso e in grado di rendere la nostra Regione protagonista nella sfida europea ai giganti asiatici produttori di batterie».
Più cauti i sindacati
La Fiom torinese ricorda che mentre la notizia di Scarmagno fa sperare per il futuro occupazionale del territorio, Stellantis (nata dalla fusione tra FCA e Peugeot) rende noto la sospensione in cassa integrazione dello stabilimento Presse di Mirafiori. Per questo Edi Lazzi (segretario provinciale) e Ugo Bolognesi (responsabile di Mirafiori) FIOM-CGIL hanno dichiarato: «La transizione verso una mobilità sostenibile può essere una opportunità e notizie di un possibile insediamento industriale per una filiera corta dei componenti per la mobilità elettrica, se sono notizie reali e concrete, rappresentano la giusta direzione, come la Fiom sostiene da tempo. Serve però da subito un piano in grado di programmare il futuro, difendendo l’occupazione e favorendo il ricambio generazionale. Bisogna, in fretta, passare dalle parole ai fatti».
E Giorgio Airaudo, segretario generale Fiom Piemonte, si chiede: «Sarebbe utile sapere se Stellantis ha o prenderà impegni diretti o indiretti con questo gruppo e che venissero coinvolti Eni ed Enel per dare credibilità e continuità a un’ipotesi industriale. Questo anche per evitare le scorribande avvenute sul nostro territorio da avventure e avventurieri. Il nostro territorio ha bisogno di fare sistema, non ha bisogno di allusioni e illusioni. I molti fondi europei per sviluppare le gigafactory vanno finalizzati e non dispersi.»
Sulla stessa linea di prudenza, la Cgil di Torino che pur accogliendo positivamente la collocazione a Scarmagno di una fabbrica di batterie al litio (considerando anche la vocazione del territorio per il mercato dell’auto diretto e indotto), ricorda che «ad oggi le informazioni non sono sufficienti per esprimere una valutazione compiuta. Occorre poter valutare il business plan, a partire dall’aspetto finanziario, viste le ingenti risorse in gioco.» La Cgil ricorda anche che al momento non è chiaro il ruolo dell’intero sistema torinese: dalle aziende più significative del territorio, compresa Stellantis, al Politecnico e agli istituti di credito. Per questi motivi, in attesa di conoscere nel dettaglio tutti gli elementi del progetto, la Cgil chiede alle istituzioni di svolgere anche un ruolo di garanzia.
La paura dell’illusione già vissuta
Quella di una nuova fabbrica che promette migliaia di nuovi posti di lavoro sarebbe da far saltare tappi a bottiglie se non venissimo da decenni in cui su questo territorio abbiamo visto passare, mordere e fuggire, così tanti falsi imprenditori dalle grandi promesse e mendaci intenzioni. Sono migliaia i posti di lavoro persi dall’inizio dello spezzatino Olivetti degli anni novanta, tutti puntualmente per operazioni che nulla avevano di industriale.
I timori e le cautele sono tutte comprensibili e fondate. Il progetto è grande, ma rimangono ancora molti spazi vuoti, a partire dalla raccolta di finanziamenti fino ai partner industriali. E bene non fa in questo momento leggere che Carlstrom, che sarà presidente e amministratore delegato di Italvolt, ha lasciato la presidenza di Britishvolt a dicembre in seguito alla scoperta di una sua condanna in Svezia per frode fiscale 25 anni fa.
Un altro fattore “di rischio” è il fatto che quello delle batterie per alimentare gli autoveicoli è un settore “acerbo”, in piena evoluzione. La ricerca di settore punta a studiare batterie più leggere e di maggiore capacità e possibilmente sganciate da materie prime che potrebbero scarseggiare, essere complicate da estrarre, non ecologiche, il cui prezzo potrebbe crescere a dismisura. Occorre per questo che la nuova fabbrica, se e quando nascerà, sia in grado di adeguarsi facilmente e velocemente al cambiamento di fonte e produzione. La dichiarata partnership con il politecnico di Torino e la costruzione di un laboratori di Ricerca e Sviluppo nell’impianto stesso, possono far ben sperare, ma occorre che tutti gli attori facciano la loro parte: istituzioni, sindacato, associazioni di categoria, ma anche la società civile che annovera tante e tanti lavoratrici e lavoratori diventati ex a causa di avventurieri senza scrupoli.
Mentre non è certo che stappi una bottiglia la senatrice Tiraboschi, divenuta di fatto la più attiva promotrice del riutilizzo degli edifici e aree ex Olivetti (per Scarmagno, evidentemente non informata dell’operazione Italvolt, aveva rilanciato la costruzione del nuovo ospedale), è invece certo che stapperà una bottiglia, almeno una Magnum, Prelios (già Pirelli Real Estate alla quale vennero trasferiti la maggior parte degli immobili Olivetti, divenuta Prelios nel 2010) alla quale non sembrerà vero vendere quell’area abbandonata completamente dopo l’ultimo doloroso atto che vide andare in fumo, letteralmente, gli ultimi insediamenti produttivi a Scarmagno. Era il 19 marzo 2013. Dalle ceneri potrà nascere la fenice? Si spera di sì, ma è troppo presto per dirlo.
Cadigia Perini