E’ il giorno della memoria. Esce, per i tipi di Feltrinelli, Quest’ora sommersa, di Emiliano Poddi.
Martha è figlia di una sopravvissuta, l’unica della sua famiglia, allo sterminio nazista delle etnie Rom e Sinti. Helene Bertha Amalie (detta Leni) Riefenstahl, ballerina, regista e fotografa tedesca, è la donna che la potenza plastica e feroce di quel regime l’ha raccontata (e celebrata) nei suoi film.
A centouno anni Leni nuota tranquilla sui fondali delle Maldive: è la sua ultima immersione, l’ultima volta in cui potrà catturare con i suoi scatti le creature della barriera corallina. Appena dietro di lei c’è Martha, biologa marina trentanovenne, che ha il compito di scortarla sott’acqua.
In effetti Martha non è lì per caso: da moltissimo tempo segue Leni, sia pure a distanza. Per anni ha raccolto notizie sulla “regista di Hitler” e le ha riordinate in schede divise per argomenti – citazioni, incidenti, abitudini sessuali -, nel disperato tentativo di classificare quella donna enigmatica sfugge sempre. Martha è ossessionata da Tiefland, un film che Leni ha girato nel 1941 utilizzando come comparse gli internati – soprattutto bambini – di un campo per Sinti e Rom e che una volta terminate le riprese in molti finiranno ad Auschwitz. Ora Martha ha l’occasione di studiare Leni da vicino, di tornare indietro, di starle addosso e di scoprire perché nel ’41 ha fatto quello che ha fatto alla sua famiglia.
Questo romanzo mette in scena il confronto tra due donne: figura dolorosa la prima, che sceglie la vita contro la morte, la biologia contro la storia e manipolatrice, pronta a sacrificare qualunque cosa all’estetica, la seconda. Come un pifferaio magico Poddi ci narra in poco più di duecento pagine un’ora di vita. Una delle chissà quante storie delle vittime “secondarie” dell’orrore nazista. Gli zingari, i Rom, i Sinti. Di cui poco e meno si parla, si celebra. Come gli omosessuali, i politici, i disabili.
“Non conosco alcuna donna che agisca con la sua determinazione, che si mostri così appassionata del proprio lavoro. Mi ricorda il mio essere schiavo della mia missione” (Adolf Hitler).
“Dov’è la mia colpa?” (Leni Riefenstahl)
Simonetta Valenti