Passi nella direzione giusta, ma la strada è ancora impervia e lunga
La nuova legge in materia di immigrazione e asilo è stata approvata venerdì scorso e contiene certamente elementi positivi che correggono alcuni delle più dannose norme introdotte dai cosiddetti “decreti Salvini”.
Due in particolare le novità che salveranno decine di migliaia di persone dal rischio della irregolarità (la cosiddetta clandestinità).
Non è poco perché, non scordiamolo mai, essere irregolari, cioè senza un permesso di soggiorno, significa vivere evitando i controlli, in una sorta di lockdown permanente (capiamo meglio ora?).
Senza quasi diritti, se non il pronto soccorso. In balia di chi può ricattare per un lavoro che può essere solo in nero. Ridurre la irregolarità significa, a ben guardare, ridurre la pacchia degli sfruttatori e delle organizzazioni di malaffare. Non si capisce perché l’ex ministro di polizia si vantasse di aver regalato loro una schiera di irregolari ricattabili. Irregolari che sono infatti numericamente aumentati durante il governo della Lega.
Le due novità che consentiranno di ridurre la clandestinità e aumentare la libertà di molte persone migranti, sono:
- l’allargamento dei tipi di permessi convertibili in permessi di lavoro. Si evita così la stupida barriera che impediva di continuare un percorso inclusivo che aveva già ottenuto il riconoscimento di diritti e permessi, ma… non poteva approdare a quello per lavoro.
- – l’introduzione del nuovo istituto della protezione speciale per tutela del rispetto della vita privata e familiare.
Va sottolineata questa novità dell’introduzione del principio di “rischio di violazione della vita privata e familiare”, nel caso in cui arrivi un provvedimento di allontanamento dal territorio in cui un richiedente asilo si è già radicato. Risponde positivamente a quanti, negli anni scorsi, associazioni, ma anche datori di lavoro, comunità e amministrazioni locali, avevano cercato di impedire che venisse vanificato il lavoro dei migranti, ma anche degli operatori dell’accoglienza-inclusione. Che dopo due o più anni, con un percorso di radicamento ben avviato, si negasse un permesso… per mancanza della tipologia di quel permesso.
Questa norma dovrebbe anche consentire il “recupero” al diritto di soggiorno legale di persone già gettate nella irregolarità contro la loro volontà e senza colpa.
Altro elemento positivo è che sono stati allargati i criteri che non permettono di espellere un richiedente asilo vittima di persecuzioni di genere nel proprio paese di origine.
Qui vale la pena di fare una considerazione. Questa: la nostra Costituzione (1948) è più riconoscente dei diritti della persona rispetto alla Convenzione di Ginevra sul diritto d’asilo (1951).
Infatti la Convenzione di Ginevra per riconoscere il diritto d’asilo richiede che vi sia rischio o minaccia di persecuzione e che il governo non protegga il richiedente asilo. Cioè riconosce la protezione a chi è perseguitato e non protetto dal proprio governo (sempreché non sia lo stesso governo a perseguitare).
La Costituzione invece (art. 10 terzo comma), afferma invece: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
La differenza è evidente: la Costituzione non richiede la persecuzione, garantisce i diritti repubblicani a tutti.
Esempio: nei Paesi dove il servizio militare sia obbligatorio senza possibilità di obiezione di coscienza, il cittadino di quel Paese, contrario alla difesa armata per motivi di coscienza, che arrivasse in Italia e chiedesse asilo, non ne avrebbe diritto secondo la Convenzione di Ginevra (se non per altri motivi), ma ne avrebbe diritto secondo la nostra Costituzione poiché qui non esiste (più) l’obbligo dell’addestramento alla difesa armata.
Altro elemento positivo è che al nuovo “sistema di accoglienza e integrazione” (SAI che sostituisce SIPROIMI che aveva sostituito SPRAR), potranno tornare ad accedere anche i richiedenti asilo, che ne erano stati esclusi da Salvini, che avranno la possibilità di iscriversi all’anagrafe e convertire il permesso di soggiorno in un permesso di lavoro.
Bisognerà capire quanti danni siano già stati fatti durante la vigenza dei malefici decreti e conseguenti capitolati per i servizi di accoglienza, che avevano incentivato i grossi centri segreganti a scapito della accoglienza diffusa e tesa alla inclusione per mezzo delle relazioni con il territorio.
Bisogna dire che non pochi “enti gestori”, cioè cooperative serie e associazioni, avevano respinto il modello proposto, non partecipando ai bandi e anche ricorrendo alla magistratura.
Bisognerà capire, per esempio e venendo al nostro territorio, se un modello non perfetto, ma virtuoso, come quello della partecipazione degli enti locali, attraverso il Consorzio In.Re.Te., possa essere riproposto e in che modalità.
Insomma i danni sono stati fatti, come previsto, ora si apre una nuova possibilità di riprendere un percorso ancora complicato.
Non mancano, infatti, aspetti pesantemente negativi soprattutto per quanto riguarda i fermi e le procedure alle frontiere e, anche se poco raccontata, la via balcanica, quanto a negazione di diritti, torture, maltrattamenti e morti, è sempre più simile a quella del mare.
Qui la nuova legge non migliora le cose e il rischio di veder sorgere ai nostri confini orientali, o poco più in là, campi indegni della civiltà umana come quelli di Moria è un rischio concreto.
Ad esempio, si prevede la possibilità di trattenere i migranti che si presentano alla frontiera fino a cinque mesi al solo scopo di poterli identificare. Un fatto senza precedenti, non previsto nel diritto europeo e in palese contrasto con l’articolo 13 della nostra Costituzione. In altri casi la possibilità di trattenere un migrante può arrivare fino a 1 anno, e non è dato nemmeno di sapere dove, visto che è rimasta la possibilità di utilizzare “luoghi idonei nelle disponibilità della Pubblica Amministrazione”. Resta poi l’abnorme e volutamente fumoso elenco di motivazioni che possono spingere a giudicare una domanda di asilo “manifestamente infondata”, tra cui la provenienza da uno dei cosiddetti “paesi sicuri” introdotta dal precedente governo.
Insomma vogliamo vedere la bottiglia mezza piena, ma il vuoto da riempire e correggere è molto.
A cominciare dal superamento della legge “Bossi-Fini” che si capisce superata già dal nome dei proponenti per continuare con le norme sulla cittadinanza che nella legge approvata la settimana scorsa ha visto solo la riduzione da 4 a 2 anni, ma prorogabile a 3 il tempo di attesa per avere una risposta alla domanda di diventare cittadino.
Possiamo avere la convinta speranza che da una fase di resistenza a misure distruttive, siamo ora approdati a una fase in cui è forse possibile una mobilitazione, di intelligenze, coscienze, e lotta propositiva. La razionalità, forse, può trovare ascolto. Augurio per l’anno che bussa alla porta.
Armando Michelizza