Sì, “il teatro è più vero della vita“. Sono d’accordo con Martina, la studentessa di Latina che un male incurabile ha portato via a soli diciannove anni, pochi giorni prima del suo esame di maturità. Davvero encomiabili le sue compagne di classe che, con il consenso e l’appoggio dei loro insegnanti e dei genitori della povera ragazza, hanno deciso di sostenere per lei il suo esame di Stato, presentando la sua tesina sul teatro, sul teatro che lei amava tanto.
Sì, ha ragione Martina: il teatro è più vero della vita, perché la vita è sempre compromesso e quindi finzione reale, mentre il teatro, pur essendo finzione drammaturgica, è il luogo in cui la vera realtà o la verità della nostra propria vita può trovare spazio. Sulla scena un personaggio può dire cose che nessuno nella vita dirà mai, cose che nemmeno ci si sogna di dire, può rappresentare drammi che nella vita non si riuscirà mai a confessare, neppure sotto tortura. Grazie al teatro, la verità può farsi evento, epifania, mentre nella vita essa viene sistematicamente trasfigurata per poter essere sopportata. La parola sulla scena è sempre rivelatrice, mentre nella vita è sempre e solo “velatrice”, nel senso che copre e allontana dalla verità. Nel teatro la maschera è la condizione o il mezzo drammaturgico per l’espressione della verità, nella vita reale il mondo degli uomini maschera la verità, istintivamente. La scena teatrale è come una scena onirica, nella quale ci è data l’occasione per poter rivivere il rimosso; l’apertura alla vita reale, invece, essendo sempre drammatica, tende a rimuovere l’orrore stupefacente. La vita ben presto dimentica e cancella il dramma della morte, il teatro, viceversa, ci ripropone sempre la morte come unico dramma tragico della vita.
Al di là di queste distinzioni doverose, che certamente Martina avrebbe avanzato nella sua tesina, l’auspicio è che almeno la sua prematura scomparsa, specie dopo il gesto lodevole compiuto dalle sue compagne, possa valere ad un tempo come catarsi, come monito e come esempio per tutti quanti noi dell’imprescindibile valore della scuola e di tutti i suoi abitanti.
Franco Di Giorgi