Continuiamo la pubblicazione delle interviste a giovani partiti nei 50 anni di vita del Centro Intercultura di Ivrea, con Roberta Tirassa partita da Ivrea nel 1986.
Come hai conosciuto Intercultura e cosa ti ha spinto a decidere di vivere l’esperienza di un anno all’estero?
Ho conosciuto Intercultura da amici, mi è piaciuta l’idea. Mi ha spinto il mio innato spirito curioso, da viaggiatrice e la voglia di arricchirmi.
Quale è stata la tua destinazione e in che anno sei partita?
Sono stata in Danimarca a Gedser, un piccolo paesino nella parte sud dell’isola Falster. A Ivrea frequentavo il liceo scientifico, ho fatto in Danimarca l’anno scolastico 1986-87.
Come era composta la tua famiglia danese e c’erano altri studenti Intercultura nella stessa zona?
La mia madre e padre danesi erano maestri elementari, avevo un fratello che frequentava l’università e due sorelle, una mia coetanea e una più piccola. Abitavo in una casa indipendente, mi spostavo con l’autobus, la fermata non era così vicina, ci andavamo a piedi con qualsiasi tempo e la zona era molto ventosa. Nella stessa zona eravamo un gruppo di 10 studenti stranieri e nei week-end ci trovavamo sempre a far cose insieme. Eravamo molto uniti, siamo rimasti amici tutt’ora, ci siamo anche rivisti pur vivendo in paesi diversi. E’ un’esperienza che crea legami forti.
Racconta il tuo arrivo le difficoltà, lo stupore.
Primo impatto la lingua: incomprensibile, per fortuna all’inizio ci si esprimeva in inglese. Quei suoni gutturali e gorgoglii di sottofondo erano un modo di comunicare, ma per me, era un costante rumore che mi metteva sonno … Piano, piano però ci si sveglia e dopo tre mesi, come per incanto, si capisce e si parla. E a Natale ricevo anche come regalo dai miei genitori danesi …una sveglia (molto ironici).
Case, paesaggio e natura: tutto nuovo.
Villaggi con casette delle fate, campi immensi, anche gialli di colza o bianchi di neve, boschi di faggi e conifere in riva al mare. E tante pedalate in bicicletta, con qualsiasi condizione atmosferica.
Mare nordico affascinante, spiagge, passeggiate con gli altri amici stranieri AFSers lungo le coste dove il sole debole, le nuvole capricciose e il vento costante scolpiscono le dune.
Il mare d’inverno è meravigliosamente ghiacciato e qualche onda, incredibilmente, si ferma, sospesa. A riva, lì immobile, rigida, con l’orizzonte blu come sfondo.
Quali sono state le emozioni vissute e il ricordo della Danimarca
Un anno trascorso all’estero con Intercultura, a soli 18 anni, è un tempo sospeso, a volte si dilata di esperienze uniche, allegre e nuove e altre di nostalgia di casa e di mancanze. Ma gli amici stranieri (e non) sono lì con te a condividere tutto, gioie, feste, difficoltà linguistiche e scolastiche, incomprensioni e tante merende. Un paese così freddo ha bisogno di essere affrontato con cioccolata calda, torte e candeline accese, un po’ come nelle foto dei cataloghi Ikea. Lungo e buio l’inverno e luce fino a tarda notte d’estate.
Festeggiamenti di Natale poetici che durano tre giorni, cantando attorno all’albero di Natale e intimità in famiglia.
La Danimarca è un paese ordinato, con vita tranquilla, in particolare nei piccoli paesi come quello in cui abitavo, vita costante, quotidianità e tante regole noiose… Il bello arriva soprattutto dallo stupendo paesaggio e dagli incontri: la famiglia ospitante, gli amici locali e quelli stranieri.
Cosa hai portato con te da quella esperienza?
Sicuramente ulteriore curiosità e voglia di scorpire nuove culture. Ho avuto anche momenti difficili. Prima che due culture così diverse si integrino, si passa sempre o quasi sempre, una fase di rottura. Superata quella, il tutto diventa ricchezza, unicità e crescita. È questa la vera magia. Si è creato una sorta di “ibridismo culturale”, in cui sono riuscita a metter in equilibrio le parti più positive dell’Italia e della Danimarca. Ho scoperto anche di essere adattabile e lo stare lontano, in una cultura così diversa, mi ha fatto apprezzare di più l’Italia.
Con la Danimarca ho aperto una porta e non sono più tornata indietro!
Quella porta mi ha fatto scoprire la Roberta viaggiatrice, l’artista, la poliglotta, la Roberta affamata di vite e luoghi diversi.
Con internet ora si è più vicini; inutile dire che, oltre a viaggi in giro per il mondo a trovare i miei amici di Intercultura, sono in continuo contatto con loro in Costa Rica, Canada, Thailandia, Olanda, Danimarca, Barbados, Ghana, USA, Spagna, Messico, Giappone, Turchia, Brasile.
L’aver vissuto quella esperienza di un anno all’estero con Intercultura, mi ha dato anche un’impostazione per il viaggio, nel senso che dopo non ho mai pensato di fare viaggi turistici, del tipo vai, visiti, fotografi e torni indietro. Il mio modo di vivere e di essere nei viaggi successivi è sempre stato quello di mescolarmi con la cultura locale, cercando l’incontro con l’altro, con il luogo, con il territorio. Dopo un’esperienza come quella con Intercultura ti rimane un qualcosa che ti fa ricercare l’autenticità. Sia che io mi muova per studio sia per il mio lavoro di danzatrice e artista, rimane importante per mescolarmi con la cultura e andare incontro all’altro con le sue differenze.
Quindi grazie alla vita e ad Intercultura!
A cura di Cadigia Perini